Festivaletteratura, Mantova riscopre Moravia

A teatro il romanzo postumo dell'autore

Alberto Moravia

Alberto Moravia

Mantova, 5 settembre 2019 - Un Alberto Moravia riscoperto e valorizzato è al centro dell’appuntamento con il quale Festivaletteratura rende omaggio all’autore de “Gli indifferenti”. Questa sera alle 21.30 il teatro Bibiena ospita la concept-opera “La donna leopardo”, una conversazione a tre voci sul romanzo postumo trovato dopo la morte dell’autore in una cartellina d’appunti. La condurranno gli attori Michela Cescon, Lorenzo Pavolini e Paolo Sassanelli e l’evento sarà un prologo dello spettacolo teatrale, per la regia della stessa a Cescon, che porterà “La donna Leopardo” al Piccolo Teatro di Milano a fine ottobre e poi a Torino e a Padova. La storia è quella di un giornalista e della giovane moglie che partono per l’Africa assieme al potente editore di lui e alla consorte. Tra Lorenzo e Nora da una parte, Flavio ed Ada dall’altra si intrecceranno emozioni, confronti, scambi verbali e sentimentali.

Perché la scelta di Moravia? «La mia attenzione è sempre stata rivolta agli autori contemporanei» ... - risponde Michela Cescon -. La regista, coautrice con Pavolini dell’adattamento teatrale del testo, ha esordito con Luca Ronconi allo Stabile di Torino nel 1995, è passata dal palcoscenico al cinema e oggi è direttore artistico del Teatro di Dioniso -. «Mi sono accorta che Moravia era il più dimenticato tra gli autori che spiccano nel nostro passato recente: Pasolini e la Morante sono delle rock-star. Di lui, se provi a proporlo, ti rispondono che è “scolastico, noioso”. Io ho sempre risposto: “Ma lo avete letto? Ha scritto “Gli indifferenti” a 17 anni nel 1929 e sembra scritto oggi. La “Donna leopardo”, poi, contiene tutte le tematiche moraviane: il viaggio, l’Africa da lui definita “il più nobile monumento che la natura abbia eretto a se stessa”. Nel romanzo c’è un Moravia libero, che non trae conclusioni nell’affrontare i suoi temi: la donna, che ammira per la sua interiore forza ribelle, le relazioni con l’uomo, quelle tra le persone e la natura».

Lei ha parlato della “teatralità” di Moravia. Cosa intente con quel termine? «Moravia era appassionato di teatro, più che di cinema. Ammirava Pirandello, amava Dostoevskij e come loro sembra scrivere collocando ogni personaggio su una scena, come tante statuette parlanti inserite in uno spazio. Ha sempre detto che scriveva ad alta voce e possiamo credergli. Nella stesura teatrale della “Donna leopardo” (lo spettacolo conta sul sostegno di Intesa Sanpaolo, nda) smussando la parte della voce narrante. E che Moravia sia un drammaturgo, uno che avrebbe voluto diventare il nuovo Pirandello, ce lo dimostra anche la nostra pratica di attori: quando recitiamo le sue battute non cè mai bisogno di scegliere ove accentarle , è già tutto chiaro».

Cosa rappresenterete a Mantova nel vostro discorso a tre voci? «Stiamo ancora al lavoro sul testo della “Donna leopardo” che porteremo a teatro, ma abbiamo colto l’occasione del Festivaletteratura per riscoprire Moravia. Attraverso il suo ultimo romanzo pubblicato postumo, ma anche le sue poesie, la lettura delle sue “Passeggiate africane”, di “Storie della preistoria” e di altri testi».

Nella talking performance mantovana citerete “Finalmente ti scrivo”, di Carmen Llera, l’ultima moglie di Moravia. Cosa c’è di autobiografico nella “Donna leopardo”? «Certamente molte cose. La stessa Llera ne parla apertamente nel suo libro e di sicuro l’Africa descritta nel libro da Moravia non è quella che aveva conosciuto tanti anni prima con la Maraini ma il continente che avevano attraversato lui e Carmen».