Festivaletteratura di Mantova, Ian McEwan: "Il mio pamphlet sulla Brexit"

Dall’intelligenza artificiale alla crisi britannica

Ian McEwan

Ian McEwan

Milano, 8 settembre 2019 - «Ho scritto un pamphlet sulla Brexit, l’ho consegnato giovedì e vogliono farlo uscire prestissimo, nei prossimi giorni». Ian McEwan è un veterano del Festivaletteratura. C’era alla prima edizione 23 anni fa quando era già molto famoso ma non il mostro sacro che è diventato. Questa volta chiuderà la manifestazione mantovana (oggi alle 18.30 in piazza Castello) affrontando l’ambiguo e affascinate tema dell’intelligenza artificiale, argomento del suo ultimo romanzo ‘Macchine come me’.

Ma torniamo un attimo alla Brexit. Che libro sarà? chiedono tutti al 71enne maestro inglese del romanzo alla conferenza stampa al suo arrivo. «Devo molto a Kafka - risponde -. Parlo di uno scarafaggio che, dopo una notte piena di sogni difficili (la citazione viene pari pari dall’incipit di uno dei racconti più famosi delle Metamofosi, ndr) si sveglia e si trova in un corpo molto più grande e sgradevole, quello del Primo ministro inglese». L’humour britannico non manca al maestro, può darsi anche che si prenda gioco della platea italiana. E il suo romanzo conferma l’apparente leggerezza dei toni. Basta leggere la trama di ‘Macchine come me’, un omaggio a Isaac Asimov e al grande matematico Alan Turing, per entrare in un modo dove tante certezze si dissolvono. In breve, in una Londra del 1982 che paga la sconfitta nelle Falkland e vede i Beatles tornare insieme e Turing realizzare magnifici robot, un trader finanziario - Charlie - si regala un automa ‘quasi’ umano, che dovrebbe fargli da alter ego e aiutarlo a conquistare la bella vicina di casa, Miranda. Peccato che Adam, ecco il nome del computer a due gambe, si riveli più colto, informato, affascinante e simpatico del proprietario.

Siamo davvero a questo punto? I nostri avatar ci domineranno? McEwan tranquillizza e quando gli chiedono della ‘vendetta’ di Miranda su Adam, che evidentemente la snobba, spiega che «le macchine possono compiere operazioni molteplici ma non potranno mai esprimere un concetto di quelle che noi in inglese chiamiano bugie bianche, quelle dette a fin di bene». Anche il gioco degli scacchi è un terreno esemplificativo per lo scrittore: «Quando un computer ha battuto Karpov, il campione del mondo, si è capito che era semplicemente più veloce a fare i calcoli, non più intelligente. Certo oggi riesce a fare alla scacchiera sacrifici incredibili, prevedendo anche 33 mosse successive. Ma la vita è imprevedibile e piena di dubbi anche nella più banale delle nostre azioni, e un computer per funzionare come il nostro cervello dovrebbe essere grande come un salone d’onore. Quindi, meglio non lamentarsi di quello che portiamo in testa.

Nel romanzo McEwan costruisce una scena nella quale Charlie si presenta al futuro suocero assieme ad Adam. E scopre che il suo interlocutore ha preso Adam per il genero e lui per il robot, solo perché il primo ha discettato di Montaigne e Shakespeare, mentre lui ha bofonchiato qualcosa su un libro di informatica. «’Macchine come me’ - conclude McEwan - è un titolo ambiguo che fa eco a ‘Io robot’ di Azimov. Ma perché l’intelligenza artificiale diventi un pericolo ci vorrà tempo: è come se a riva avessimo appena bagnato le dita dei piedi nell’acqua. C’è un intero oceano ancora da scoprire davanti a noi».