Omicidio di Yana Malaiko, lo strazio del padre in aula: “Lei voleva dei figli, lui invece non voleva lavorare e beveva”

Mantova, la prima udienza del processo contro Dumitru Stratan per il delitto dell’ex fidanzata. La mamma dell’imputato non risponde alle domande

Olekander Malaiko, padre di Yana, con Andrei Cojocaru, il giovane con cui negli ultimi tempi Yana aveva allacciato una relazione sentimentale

Olekander Malaiko, padre di Yana, con Andrei Cojocaru, il giovane con cui negli ultimi tempi Yana aveva allacciato una relazione sentimentale

Mantova – Al ricordo di Yana, la figlia trucidata, del suo viaggio nella vita durato soltanto 23 anni, Oleksander Malaiko è molto commosso, profondamente turbato. Lotta contro le lacrime che non riesce a contenere. Il pm Lucia Lombardo gli porge una confezione di fazzoletti di carta. È il momento di maggior coinvolgimento emotivo, il più drammatico, il più patetico, nella prima udienza per l'omicidio di Yana Malaiko davanti alla Corte d'Assise di Mantova.

Viene processato Dumitru Stratan, 35 anni, moldavo, accusato dell'omicidio dell'ex fidanzata Yana, poco dopo la fine del loro legame sentimentale. Era la notte del 20 gennaio di un anno fa, in un grande condominio, il "grattacielo", in piazzale Resistenza, a Castiglione delle Stiviere.

Stratan deve rispondere di omicidio volontario appesantito da una serie di aggravanti. La premeditazione. La minorata difesa da parte della ragazza (sola in casa, di notte, persuasa da Stratan ad accettare l'incontro con il pretesto di riconsegnarle il cagnolino), la corporatura minuta della vittima. Il legame sentimentale (da poco interrotto) con la vittima. Oltre a questo, l'imputazione di occultamento di cadavere: il corpo di Yana venne nascosto sotto una catasta di legna e sterpaglie nelle campagne di Castiglione, per essere ritrovato solamente nel pomeriggio del primo febbraio. Il legame affettivo (da poco naufragato con la vittima). L’aggravante della premeditazione proietta sul processo l'ombra dell'ergastolo.

I difensori di Stratan (Domenico Grande Aracri e Gregorio Viscomi) si preparano ad attaccare. I legali non si sono opposti alla richiesta del pm di acquisire le riprese audio video fissate da una piccola telecamera nell'appartamento dove Yana ha vissuto l'epilogo della sua esistenza. Le immagini fisserebbero la figura insanguinata di Stratan. Facile prevedere che i difensori faranno osservare che se il loro assistito avesse premeditato di uccidere Yana, si sarebbe preoccupato di disinserire la telecamera.  Stratan non è in aula e non è collegato dal carcere di Monza. Tatiana Serbenchuk, la madre della giovane ucraina, è rimasta nella cittadina dell'Ontario, in Canada, dove vive come rifugiata dall'Ucraina.  Al suo arrivo al Palazzo di giustizia di via Carlo Poma, Oleksander Malaiko ha scambiato un lungo, affettuoso abbraccio con Andrei Cojocaru, il giovane con cui la figlia, nell'ultimo scorcio della sua brevissima vita, stava trovando un'intesa sentimentale. "Credo nella giustizia - ha detto ai giornalisti - e mi aspetto che arrivi".

In aula il padre di Yana risponde alle domande dell'avvocato Angelo Lino Murtas, che lo rappresenta come parte civile. "Racconta" Yana. La nascita in Ucraina nel novembre del 1999. La salute improvvisamente perduta a 13 anni. Una delicata operazione. A 16 anni il trasferimento in Italia, a Romano di Lombardia, nella Bergamasca, dove vive la nonna paterna con il marito. La salute ritrovata. La conoscenza con Dumitru detto Dima nel 2019 e un anno dopo la decisione di seguirlo a Castiglione delle Stiviere, dove trova un impiego nel bar di Cristina, sorella del moldavo.

Oleksander era contento di questo fidanzamento? "No, ma se mia figlia aveva deciso di vivere con lui io non potevo cambiare la sua decisione. Aveva fatto la sua scelta. Il primo anno era molto felice. Lo amava. Non si lamentava mai e io volevo solo il suo bene". Perché quella insoddisfazione? "Il ragazzo era maggiore di lei di dieci anni. Aveva un comportamento troppo libero per quella che è la nostra mentalità. Voleva fare vedere che viveva bene, ma non si sapeva cosa volesse fare".

Con il tempo Yana inizia a manifestare qualche perplessità, non vere lagnanze, non timori: conosce il padre e sa che non esiterebbe a intervenire. Tre settimane prima di essere strappata alla vita, confida a Oleksander la rottura con Dima e di essersi trasferita in casa di Cristina. "Papà, ho deciso di lasciarlo. Abbiamo preso una strada sbagliata. Io voglio una famiglia, dei bambini. Lui non rimane a casa, non vuole lavorare. Lei avrebbe voluto aiutarlo. Quello beveva, ho sentito anche di problemi di droga. Io avrei voluto che si trasferisse in Toscana, dove vivevo all'epoca, ma lei proprio non ha voluto. Vedeva il suo futuro a Castiglione. Studiava da estetista. Aiutata dai risparmi e me, aveva fatto le pratiche per l'acquisto di un appartamento con un mutuo nello stesso palazzo". Per tutto il tempo Oleksander non nomina Dumitru Stratan: si limita a chiamarlo "questo soggetto".

Si arriva al racconto delle ore terribile. "Il 19 gennaio ho avuto l'ultimo colloquio con lei. Si è parlato dell'appartamento. La mattina del 20 gennaio un carabiniere molto gentile mi ha chiamato di andare a Castiglione perché era successo qualcosa di grave". L'uomo soffre crudelmente. Il pianto lo vince quando si arriva al primo febbraio. "La stavo cercando con i volontari. Alle quattro del pomeriggio mi è arrivata la notizia che era stata trovata. Sono andato sul posto". Un'altra cosa la ragazza aveva voluto nascondere al padre. "Yana non aveva paura. Era in grado di difendersi. Soltanto il giorno del funerale ho saputo dalla mia ex compagna, sua madre, che nel periodo della rottura lui l'aveva minacciata, offesa e schiaffeggiata".

Inizia la sfilata dei testi dell'accusa. Il luogotenente dei carabinieri Domenico Miccolis, comandante del Nucleo operativo e radiomobile di Castiglione, ricostruisce la convulsa giornata del 20 gennaio 2023. Nell'estate dell'anno prima, Yana e Cristina, la sorella di Dima, avevano chiesto il suo aiuto perché il giovane moldavo faceva uso di stupefacenti. Verso le 13.30 riceve ripetute chiamate di Cristina. È urgente: non si trova più la Bonnie (il soprannome di Yana). Si incontrano in caserma. "Cristina si trovava a Padenghe. Era stata raggiunta da una chiamata del fratello che aveva urgenza di parlarle per questioni familiari. Cristina lo aveva raggiunto nel suo appartamento a Castiglione. Dumitru le aveva confessato ci avere ammazzo la Bonnie".

Scattano le ricerche delle due auto che Dumitru potrebbe usare: una "500" e un Mercedes SLK. Alle 14.02 quest'ultima viene segnalata in rientro a Castiglione. È l'auto con cui Stratan ha trasportato il corpo di Yana nel bagagliaio per occultarlo nella campagna, ma prima che riuscisse a compiere l'operazione si è impantanata. Stratan è tornato a Castiglione approfittando di un passaggio e si è messo alla guida per tornare dove era stato costretto ad abbandonare la Mercedes.

I carabinieri lo cercano in via Gnutti, dove viveva con Yana, senza trovarlo. Puntano all'appartamento di Cristina. Ospita Yana, sua dipendente al Bar Event, da quando ha rotto con il fratello. Salgono al quarto piano. Cristina è con loro. Trovano Ana, la madre di Dima e il suo compagno. E c'è Dumitru Stratan. È scosso. Vorrebbe fumare. "Dumitru - ricorda il sottufficiale - parlava in moldavo con la mamma e la sorella. Lo abbiamo richiamato perché si esprimesse in italiano. Aveva un tono stizzito perché Cristina aveva portato lì i carabinieri. Che fine ha fatto Yana? Risponde: 'Con la frase ho ammazzo la Bonnie, volevo dire che l'avevo cacciata di casa e siccome non aveva parenti a Castiglione sarebbe morta di fame'. Dov'è? Non lo sa. C'è solo il suo cellulare. Dumitru lo ha trattenuto perché era un regalo di famiglia e le ha lasciato solo la scheda. Lo abbiamo invitato a seguirci. Si è messo un paio di scarpe sportive sporche di fango". Sergei è un moldavo che abita la nono piano del "grattacielo". In un italiano faticoso, racconta che il suo amico Dima lo ha chiamato alla 7 del mattino. Appariva agitato, con le pupille dilatate. Insisteva perché l'amico, atteso sul posto di lavoro, si trattenesse a parlare con lui. Scendono ad acquistare le sigarette. Dumitru gli racconta che due o tre giorni prima ha litigato con Yana. A sua volta, tempo prima, Yana gli aveva confidato un litigio con Dima perché questi faceva uso di stupefacenti, ma non gli ha mai parlato di percosse ricevute.

Santo Chiarello, amico e compagno di nottate di Dumitru, è un frequentatore dell'Event, il bar di Cristina Stratan. Verso le 8 di quella mattina si trovava all'interno del locale, quando è passato Dima che gli aveva fatto cenno di seguirlo. Mentre salgono nell'appartamento, nota i pantaloni inzaccherati dell'amico, che gli spiega di essersi impantanato con l'auto. Va a cambiarsi. Si siedono a fumare una sigaretta ed ecco l'uscita di Dumitru: "Ho fatto una cazzata, ho ammazzato Bonnie. L'amico è incredulo, gli rivolge un gesto come a dire ‘ma va'”: la conversazione viene interrotta da una chiamata al citofono. È Ana Stratan, la madre di Dima che dopo essere entrata in casa chiede di rimanere sola con il figlio. La donna viene chiamata a deporre subito dopo. Sceglie di non rispondere. Poche parole anche dal suo convivente. Più volte richiamato dal presidente Gilberto Casari, soccorso con una bottiglietta d'acqua dal pubblico ministero, fra qualche pianto, si richiama alle sue dichiarazioni ai carabinieri nel quale ammetteva di essere stato a conoscenza della crisi fra Dumitri e la fidanzata.

L’automobilista che ha dato un passaggio a Stratan, ricorda di averlo notato alla località Valle, mentre camminava con in braccio il cagnolino. Dal momento che era a sua volta un frequentatore del Bar Event, lo aveva subito riconosciuto anche con il cappuccio. È stato fissato il calendario delle udienze: 2 e 20 maggio, 20 e 27 giugno, 11 luglio.