Viadana, 29 settembre 2024 – Portano un fiore, una peonia, dove è stata uccisa. Roxana e Loredana sono le sorelle di Maria Campai. Roxana colloca il fiore sul pilone dove è ancora affisso uno dei tanti manifesti che ha disseminato nel quartiere, quando Maria era ancora una persona scomparsa da ricercare. Poi decide di lasciarlo sulla cancellata della villa, per il momento disabitata, a pochi metri dal giardino dove Maria ha trovato, per una settimana, la sua temporanea sepoltura, coperta da uno strato di fogliame.
Quella maledetta giornata
Roxana Campai rievoca la serata di giovedì 19 settembre. “Da Parma l’abbiamo accompagnata qui a Viadana, io e il mio compagno. Abbiamo visto che si incontrava con un uomo giovane, con gli occhiali. Dopo un’ora non rispondeva più al telefono. Mi aveva mandato un messaggio: ‘È un uomo amabile che mi porta dentro un taxi. Ci vediamo domani’. Abbiamo girato per tutta la notte con la macchina. La gente della zona pensava che fossimo ladri, invece cercavamo mia sorella. Ho fatto di tutto per trovare la persona con cui si era incontrata. Sono tornata sul posto. L’altro giorno (giovedì 26 settembre, ndr) ho visto il ragazzo che usciva con una donna bionda su una Punto. Era lui. Li abbiamo seguiti. Andavano in farmacia. Il mio compagno gli ha fatto uno scatto con il cellulare e siamo andati dai carabinieri, che hanno chiamato il ragazzo e suo padre”.
Il giallo dell’sms
Una testimonianza che apre su uno dei tanti interrogativi nella fosca tragedia di Viadana: il messaggio alla sorella sull’uomo amabile che, a quanto si può capire, le avrebbe offerto un taxi per rincasare, è stato scritto da Maria Campai oppure, in quel momento, la donna romena era già morta?
La voce di Roxana si incrina di commozione nel ricordo della sorella uccisa. “Era una donna buona, dalla sua bocca non è mai uscita una parola brutta. Vedeva per la prima volta la persona che l’ha ammazzata. Voglio sapere perché”.
“Sono arrivata – dice la sorella Loredana – apposta dalla Romania per portare a casa il corpo. Per il momento non è possibile. Non credo che il ragazzo abbia fatto tutto da solo, non poteva avere tutta quella forza. È impossibile. Se mi colpiscono, mi difendo e Maria avrebbe fatto la stessa cosa. Vogliamo giustizia e verità. Vogliamo sapere tutto. Vogliamo che chi l’ha uccisa paghi, che paghino tutti”.
Il padre dell’indagato
“Non credo che abbia fatto tutto da solo”. Parole che, curiosamente, riecheggiano quelle del padre del ragazzo fermato: “Se mio figlio ha sbagliato, allora pagherà tutto quello che deve pagare. Se davvero l’ha uccisa lui, ha avuto uno oppure due complici. Non può aver fatto da solo”.
Pronto a giurare di essere convinto che la sera dell’omicidio il più piccolo dei suoi tre figli fosse, come al solito, in palestra, oppure nel box, quello che utilizzava per allenarsi con i pesi, dove c’era anche un divano per i momenti di riposo.