Roverbella, uccise la suocera a coltellate in cantina: ergastolo per Enrico Zenatti

In passato l’ambulante era già stato incriminato dell’omicidio di due prostitute: condannato in primo grado, fu poi assolto fino alla Cassazione

Enrico Zenatti e la casa della 73enne Anna Turina

Enrico Zenatti e la casa della 73enne Anna Turina

Roverbella (Mantova) – Per Enrico Zenatti si aprono le porte dell'ergastolo. Il 55enne ambulante di frutta e verdura di Roverbella, nel Mantovano, è stato condannato al carcere a vita per aver ucciso, con una particolare ed inspiegabile ferocia, la suocera Anna Turina di 73 anni.

Il delitto avvenne nel tardo pomeriggio del 9 dicembre 2021 in una villetta nella frazione di Malavicina, dove convivevano la vittima e il suo assassino. Arrestato per l'omicidio della suocera, Zenatti - per chi lo conosce una personalità fredda, senza emozioni e con nessuna paura del carcere - in passato era stato sospettato di essere un serial killer, per aver eliminato due 'ragazze di vita' sudamericane (di una delle due il corpo non è mai stato ritrovato) che lui frequentava a Verona, la sua provincia d'origine. Al processo venne condannato ma poi assolto fino in Cassazione. Ora l'ergastolo potrebbe smuoverlo dal suo testardo silenzio.

L'imputato, oltre alla pena principale, è stato condannato a 9 mesi d'isolamento, gli è stata tolta la potestà genitoriale e dovrà pagare 400mila euro di risarcimento a ciascuna delle parti civili, il figlio e la figlia della vittima, Paolo e Mara Savoia che poi è sua moglie. Lei che gli aveva creduto durante il primo procedimento, gli era stata vicina quando era stato portato in prigione e lo aveva riaccolto in famiglia, stavolta ha prestato fede alla ricostruzione dell'accusa.

Il pm Giulio Tamburini, durante il processo davanti alla corte d'assise di Mantova, ha parlato di un crimine in due tempi, un tentato omicidio e poi uno realizzato, di uno Zenatti che aggredisce la suocera nella cantinetta di casa, quasi la scuoia con un grosso coltello (sulla testa della vittima c'e una ferita lunga 37 centimetri) poi si allontana credendola morta ma è costretto a tornare quando la moglie lo chiama dopo aver visto la madre in un lago di sangue. Qui la freddezza dell'omicida si mostra completamente, secondo l'accusa: l'ambulante allontana la moglie e il cognato (“Correte fuori, chiamate i soccorsi”), ridiscende nella cantinetta e sferra alla vittima altri sette fendenti. L'opera è completata. E lui riesce anche a liberarsi del coltello usato per il delitto.

Sin dal primo momento, infatti, Zenatti respinge ogni accusa. Lo ha fatto anche al processo in tutte le sue dichiarazioni. E dal dibattimento non è emerso un movente se non una generica lite: questo sostengono con forza i suoi difensori, gli avvocati Silvia Salvato e Andrea Pongiluppi, che hanno preannunciato appello. L'altra volta, in effetti, a Zenatti era andata bene: condannato in primo grado (il pm era lo stesso Fabrizio Celenza che avrebbe reincontrato a Mantova nell'inchiesta del 2021) venne assolto in appello e in Cassazione.

Se oggi confessasse di aver effettivamente ucciso la brasiliana Luciana Lino De Jesus e la colombiana Yolanda Garcia Holguin, a Zenatti non succederebbe nulla perché la revisione è possibile solo per le sentenza definitive di condanna.  E questo sperano forse i fratelli della ragazza scomparsa nel nulla, Yolanda, che vorrebbero portare un fiore sulla sua tomba: cioè che la scure dell'ergastolo incrini l'animo di ghiaccio di quello che loro considerano il killer e lo inducano ad ammettere qualcosa.