
Non so voi, ma quando al telefono una vocetta la prende da lontano per segnalarvi un prodotto o...
Non so voi, ma quando al telefono una vocetta la prende da lontano per segnalarvi un prodotto o altro, e proporvi un acquisto o un abbonamento, in genere non mi arrabbio, anche perché ho una nipote ventenne che fa quel lavoro lì, e l’idea che chi riceve la sua telefonata le sia sgarbato o peggio mi fa star male. A pensarci, però, forse faccio peggio. Trattengo affabilmente la vocetta qualche secondo per dire poi: "Mi dispiace, ho un figlio (o un parente, un amico) del settore: non lo posso tradire. Le auguro di cuore buona fortuna. Passi pure a un’altra telefonata".
Ormai ho esaurito figli, parenti ed amici. Arrivo a odiare il telefono, ma non posso farci niente. È la maledizione del nostro tempo, mi dico. E penso a quanto si stava male prima, quando ci si scriveva per lettera e c’era un solo telefono pubblico, in un bar dove non si andava oltre il bianchino e un bicchiere di spuma. E il telefono trillava solo per annunciare che da qualche parte era morto un parente, che non si vedeva da anni. Quando il progresso era di là da venire. Allora oggi cambio tattica. La vocetta è di Marta: telefona gentile da Lugano, per cosmetici e profumi. "Marta – le dico – lei ha la voce di una mia ex-alunna. Era timida timida, ma adorava Elvis Presley e una volta sorprese tutta la classe cantando "Love me tender".
Mi creda, neppure i più portentosi profumi d’Arabia di Lady Macbeth potrebbero fare un cigno dell’anatroccolo che sono. La saluto dunque, come lei fosse l’alunna di cui dicevo. Elvis a parte, una volta annotò pure sul diario pochi versi di un poeta a me caro (Umberto Saba): "Amai trite parole che non uno osava. / M’incantò la rima fiore/ amore,/ la più antica difficile del mondo". La sto annoiando? Vede Marta, tutti offriamo qualcosa. Lei profumi e cosmetici, io soltanto parole. Vorrei avessero sempre un poco del profumo dei versi sopra citati".