Il riscatto a costo della vita: "Giovani sotto il fascismo vollero liberare il loro Paese"

A Pavia le celebrazioni aperte dall’orazione della docente universitaria Anna Ferrando. Poi il sindaco Fabrizio Fracassi ha puntato l’attenzione sulle guerre in corso oggi.

Il riscatto a costo della vita: "Giovani sotto il fascismo vollero liberare il loro Paese"

Il riscatto a costo della vita: "Giovani sotto il fascismo vollero liberare il loro Paese"

"La responsabilità è una parola della Resistenza. È stata occasione di riscatto, allora giovani cresciuti sotto il fascismo, che non avevano mai conosciuto la libertà, scelsero di non lasciare che altri liberassero il loro Paese, si schierarono a costo di perdere la vita". Anna Ferrando, docente di Storia transnazionale della cultura nell’Italia contemporanea al Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Ateneo pavese, nell’orazione per il 25 Aprile ha spiegato cosa s’intente per antifascismo.

"Cosa possiamo fare? – ha aggiunto riprendendo una frase pronunciata da Tina Anselmi durante la lotta partigiana nel ’44 – Stiamo qui e guardiamo?". Molti i riferimenti storici della docente, che ha ricordato chi ha pagato con la vita l’antifascismo come Giacomo Matteotti e il pavese Ferruccio Ghinaglia. E non sono mancati gli accenni all’attualità "tra guerre e contraddizioni, con una crescente disaffezione per la politica". "La Resistenza antifascista è la nostra Costituzione", ha rimarcato Anna Ferrando.

Prima era intervenuto il sindaco Fabrizio Fracassi, che ha puntato l’attenzione sulle guerre: "Proviamo sgomento di fronte a ogni conflitto. Pensiamo ai bambini, alle donne e agli uomini che oggi vivono la tragedia della guerra". Sul sagrato della chiesa del Carmine, invece, l’Anpi ha letto l’ormai notissimo monologo dello scrittore Antonio Scurati. E per restare in tema di responsabilità merita un ricordo il pavese Cornelio Fornasari, conosciuto come “Gugia“, medico e partigiano cattolico che si trovò di fronte al dilemma morale se partecipare a una ribellione armata e forse uccidere. Decise quindi di consultare don Antonio Poma, all’epoca rettore del Seminario pavese, che rispose: "È giusto combattere la tirannide".

"Ribellarsi contro l’invasore per “Gugia“ era un imperativo morale, non poteva concepire di rimanere inattivo di fronte alla dominazione – ha sottolineato Emanuele Gallotti, già vicepresidente nazionale dell’Associazione partigiani cristiani e consigliere nazionale della Federazione italiana volontari della libertà – La sua storia, insieme a quella di altri partigiani cattolici come Teresio Olivelli, è testimonianza preziosa di una Resistenza guidata dalla moralità e dall’amore per la libertà e la giustizia".