Coronavirus: non reagiva alle cure, così ho scoperto il paziente 1

Annalisa Malara, 38 anni, è l’anestesista dell’ospedale di Codogno che per prima ha diagnosticato il virus

L'anestesista di Codogno che ha scoperto il paziente 1

L'anestesista di Codogno che ha scoperto il paziente 1

Codogno (Lodi), 14 marzo 2020 - Con coraggio e competenza ha diagnosticato il primo caso di Coronavirus in Italia. Annalisa Malara, 38 anni, è l’anestesista dell’ospedale di Codogno che ha scoperto il 20 febbraio scorso che Mattia, il 38enne “paziente 1”, era stato attaccato dal Covid-19. Di quella giornata il medico ha ancora un ricordo nitido, nonostante le tre settimane trascorse e l’enorme lavoro in prima linea di questi giorni per l’emergenza sanitaria.

Dottoressa Malara, le capita di pensare a cosa è accaduto all’ospedale di Codogno il 20 febbraio? "Penso spesso a quella giornata e a tutto quello che ne è scaturito. Il 20 febbraio è stato solo l’inizio di ciò che stiamo vivendo oggi e che purtroppo quotidianamente viviamo noi medici nei reparti".

Le condizioni di Mattia, il paziente 1 da due settimane ricoverato al Policlinico San Matteo di Pavia, stanno migliorando. Cosa ne pensa? "I miglioramenti di Mattia portano speranza a tutti gli italiani che in questo momento sono molto preoccupati. Da questa malattia si può guarire e le buone notizie che sono arrivate dal Policlinico San Matteo di Pavia non possono che rendere tutti più felici".

La sua straordinaria diagnosi è stata definita da alcuni una “pazzia clinica” e da altri ”intuizione”. Lei è d’accordo? "Direi di no. L’intuizione, in realtà, è stato il non voler scartare nulla a un ragazzo giovane e sano. Quando un malato non risponde alle cure normali, noi medici lavoriamo sull’ipotesi peggiore. Mattia si è presentato con una polmonite leggera, ma resistente ad ogni terapia nota. Poi quando ho saputo della cena con il collega rientrato dalla Cina ho deciso di tentare con il tampone".

Come sta vivendo queste giornate di lavoro senza sosta? "Come tutti i miei colleghi ogni giorno torno a casa distrutta per i tanti pazienti e la complessità dei casi che stiamo gestendo. Sicuramente il sistema sanitario nazionale e i singoli reparti stanno facendo il massimo. Ogni cittadino però deve darci una mano. Bisogna rispettare le regole di isolamento per arrivare a una diminuzione dei contagi".