Codogno, nasce il Comitato Civico Ospedali

I promotori: "I servizi sanitari nel Basso Lodigiano stanno peggiorando. Ci batteremo per difenderli"

L’ingresso dell’ospedale di Codogno

L’ingresso dell’ospedale di Codogno

Codogno (Lodi), 10 giugno 2020 - Per la prima volta dopo decenni, forse, i campanilismi sulla sanità sono destinati a sfumare. Nasce infatti il Comitato Civico Ospedali, con a capo il dottor Gianantonio Ongis, pneumologo e Direttore sanitario dell’Avis di Casale. Il gruppo ha raccolto finora personalità del mondo ospedaliero e del terzo settore, con l’obiettivo di "iniziare un percorso di vigilanza, sensibilizzazione e diffusione delle informazioni che riguardano il futuro dei nosocomi di Codogno e Casalpusterlengo e mantenere efficienti e funzionali i loro servizi". L’analisi della situazione della sanità del basso Lodigiano, da parte del neocostituto comitato, inizia da un concetto base che dovrebbe essere già chiaro: Casalpusterlengo deve essere caratterizzato da un indirizzo oncologico e palliativo per costituire una centrale di sorveglianza permanente territoriale a diretto contatto con i medici di base della provincia, mentre Codogno deve rimanere un ospedale per acuti di base con chirurgia addominale ed ortopedica semplice con particolare attenzione all’ambito internistico medico-cardiologico. "Occorrono però logiche programmatiche chiare – spiegano i promotori –. Senza creare sovrapposizioni o rivalità tra i presidi ospedalieri. Ma quello che resta del dopo emergenza Covid è una situazione critica ed un futuro incerto".

L’approfondimento di quanto è avvenuto in questi mesi, da parte del comitato, è impietoso. "Le conseguenze della pandemia hanno creato un notevole mutamento e impoverimento dei servizi ospedalieri nella Bassa e purtroppo non si vede un orizzonte più sereno rispetto all’attuale scenario – sottolineano dal comitato –. Qualcosa non ha funzionato e, anche in questa fase due, è in atto un’ulteriore peggioramento della sanità del nostro territorio". L’analisi sulla trasformazione dei due ospedali si trasforma in un j’accuse. "L’ospedale di Casale è quello che ha pagato di più, subendo un vero e proprio svuotamento radicale con migrazione di reparti interi verso l’ospedale di Codogno, mentre di fatto i dieci posti di degenza oncologica sono stati chiusi senza che ad oggi si abbia alcuna prospettiva per sgravare l’ospedale di Lodi dal carico assistenziale dei tanti pazienti oncologici del territorio. Ad oggi a Casale sono rimasti solo la radioterapia, la dialisi e l’hospice".

Anche il neonato reparto per Covid “verdi“ cioè bisognosi di una sorveglianza attiva, aperto il 18 maggio scorso, si è dimostrato "un progetto fallimentare, del quale si ventila la chiusura anticipata senza nessuna nuova prospettiva" con 40 posti letto preparati ma di fatto occupati solo per una decina. Per l’ospedale di Codogno, la situazione, secondo il comitato, è solo apparentemente migliore. "Il Pronto Soccorso ha riaperto ma gli arrivi in codice rosso vengono poi dirottati su altri ospedali e non esistono più reparti come Ginecologia, Ortopedia, Cardiologia, ma solo ambulatori e aree di ricovero di natura medica contraddistinti dal grado di positività al Covid 19. Si aggiungono inoltre le difficoltà nel reperimento di risorse umane per organizzare le reperibilità notturne in servizi basilari come la Radiologia e il Laboratorio analisi".