Legnano (Milano), 15 novembre 2019 - Oltre duecento. Oltre duecento posti di lavoro, ma soprattutto oltre duecento persone. Che mediamente sono collegate in maniera diretta almeno con altre tre persone (madre e padre, per chi li ha ancora in vita, oppure una moglie o un marito e un fratello o sorella o figlio). Un coinvolgimento, quindi, di almeno seicento persone. Praticamente l’intero paese di Nosate, accanto a Castano Primo. Un intero paese in crisi, verrebbe da dire. Questi sono infatti i numeri delle crisi aziendali che in queste settimane stanno facendo maggiormente discutere nell’Altomilanese.
L’altro “tema caldo” di questi giorni riguarda la Franco Tosi Meccanica. Per la storica fabbrica legnanese di turbine gli esuberi sarebbero da quantificare in 47 lavoratori su un totale di 170. Le trattative sono tuttavia ancora da iniziare. Ma soltanto se sarà pace fatta entro breve fra i sindacati, visto che la Fiom Cgil ha comunicato l’intenzione di non partecipare alla discussione con la proprietà se le premesse partono proprio dagli esuberi. In bilico ormai da mesi sono poi una ventina di dipendenti di Grancasa, fra le sedi di Nerviano e Legnano. La situazione è da tempo particolarmente ingarbugliata e la conclusione sembra non essere ancora del tutto scritta.
Oltre trenta persone sono, inoltre, coinvolte nella crisi di Mercatone Uno: nel punto vendita di Legnano fino a maggio lavoravano 35 persone.
Un totale di oltre 200 persone, quindi, che stanno vivendo settimane molto difficili. «Togliere all’improvviso il lavoro a delle persone significa cancellare i loro progetti» ha affermato qualche giorno fa una rappresentante sindacale. E in effetti darle torto è difficile. Proprio per questo motivo, l’emergenza lavoro nel territorio sta rischiando sempre di più di trasformarsi in un problema di ordine pubblico e di sicurezza sociale. Le prossime saranno settimane decisive per il futuro dei lavoratori della Tosi e della Panalpina. Per molti la speranza è quella di riuscire ad ottere almeno un ammortizzatore sociale, per tutti però il desiderio più grande si chiama soltanto “lavoro”.