Il coronavirus ha messo gli artigiani in ginocchio: il Fondo non basta più

Il pagamento della cassa integrazione tarda ad arrivare: "Situazione peggiore di quella del 2009"

Lavoro nella piccola e media impresa

Lavoro nella piccola e media impresa

Legnano (Milano), 6 giugno 2020 - Come nel 2009. Anzi, molto peggio. In un mese e mezzo di pandemia è stato consumato un monte ore di cassa integrazione pari a quello dell’intero 2009, primo anno della grande crisi economica. Basterebbe questo dato a fotografare il pesantissimo impatto che il Sars-cov2 ha avuto su artigiani, commercianti e piccole imprese dell’Altomilanese. Attività che tutt’oggi – in molti casi – continuano ad attendere il pagamento degli ammortizzatori sociali ai dipendenti o il compenso per l’anticipo versato ai lavoratori.

Il Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato è riuscito fino a questo momento a pagare il 90% degli ammortizzatori richiesti per il mese di marzo, mentre i mesi successivi risultano tutt’ora scoperti. Bisogna infatti ricordare che il Fondo di solidarietà è un fondo privato che esiste da quattro anni con disponibilità economiche limitate, gestito da organizzazioni di categoria e sindacati, dunque non potrà procedere con gli altri pagamenti senza la liquidità che deve arrivare dal Ministero. Parlando di industrie, invece, e spostandoci quindi sul fronte dell’Inps, vediamo che è stato coperto il 70% delle richieste di cassa per i mesi di marzo e aprile. Alla luce di questi numeri si scopre che il 10% dei lavoratori non ha ancora intascato neppure i soldi del mese di marzo.

«Una situazione preoccupante – ha spiegato Matteo Torretta, responsabile delle Relazioni industriali per Confartigianato Altomilanese -. La maggior parte delle aziende ha anticipato ai propri lavoratori i soldi di marzo, aprile e maggio; ora si sentono abbandonate. Ogni giorno riceviamo miriadi di telefonate disperate per sapere se qualcosa si muove sul fronte del Governo". Un’impresa con cinquanta dipendenti, ad esempio, si è trovata a sborsare circa cinquantamila euro al mese in ammortizzatori sociali che lo Stato dovrà coprire. Prima o poi. "Non bisogna poi dimenticare che la questione degli ammortizzatori sociali falsa il quadro reale della situazione – ha aggiunto Toretta -: il vero problema sarà a settembre, e allora capiremo chi potrà continuare e chi sarà costretto a chiudere. Le imprese hanno bisogno di una politica che si confronti con il mondo reale o rischiamo di finire in un vicolo cieco. Servono interventi per strutturare il tessuto economico, ricostruendolo come se fossimo passati attraverso una guerra. E serve ricreare un rapporto con l’estero; settori come moto, auto, alberghiero e logistica hanno patito in maniera particolare questo periodo".

La cassa integrazione, infatti,rimane una boccata d’ossigeno per i lavoratori. Non certo la soluzione della crisi per le aziende che danno lavoro. Vale la pena ricordare che già nel mese di aprile il 90% degli artigiani, dei commercianti e delle piccole imprese dell’Altomilanese aveva richiesto la cassa integrazione per affrontare l’emergenza coronavirus. Un dato ottenuto guardando al numero di aziende legate alla Confartigianato Altomilanese - parliamo di circa 2.500 aziende distribuite sul territorio - con particolare attenzione per settori quali meccanico e tessile, che stanno vivendo la crisi già dal lontano 2008. Senza dimenticare categorie molto colpite nei mesi scorsi quali parrucchieri, acconciatori ed estetisti; e poi trasporti privati, gommisti, carrozzieri e tutto il mondo legato all’edilizia, che oggi sta provando faticosamente a ripartire.