
Bagnanti sul fiume Ticino (StudioSally)
Abbiategrasso (Milano), 6 agosto 2015 - Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha risposto ad una interrogazione alla Camera sul livello delle acque nel Lago Maggiore e i rischi per tutto l’ecosistema del Parco del Ticino: «Credo si sia trovata una soluzione equilibrata – ha spiegato -. Una sintesi che riesce a tenere unite le ragioni degli agricoltori con quelle dei comuni rivieraschi, la difesa dell’ambiente con la tutela dai rischi di tipo idraulico e alluvionale». Parole che confermano l’attuale 1,25 sul livello del Lago Maggiore, con prospettive di innalzamento solo a partire dal 2018.
Chi non ha preso bene queste dichiarazioni è stato il Parco del Ticino, vista la situazione di grave emergenza che si sta registrando in questi giorni di siccità: «In pratica per il ministro va tutto bene – ha commentato ironico il direttore dell’ente parco, Claudio Peja –. Galletti si è limitato a ripetere quando contenuto nella delibera di maggio del comitato istituzionale ma la conferma dell’1,25 non risolve la situazione drammatica in cui si trova oggi l’intero territorio intorno al Ticino». Le previsione di Peja per il futuro non danno false speranze: «Fra dieci giorni non ci sarà più acqua per nessuno».
Lo conferma il fatto che già nella giornata di oggi verranno tolti cinquanta metri cubi d’acqua dai nostri canali. Ciò che ha provocato la reazione decisa del parco sono soprattutto le ragioni incomprensibili della scelta ministeriale: «Non si capisce perché il livello non possa essere alzato alla soglia di guardia di 1,50. Rischio esondazioni? Gli studi dicono che non c’è pericolo, senza contare che in quel caso i danni sono limitati alle zone vicine ai corsi d’acqua, mentre una crisi idrica causa danni inimmaginabili per gli anni a venire». Per comprendere la gravità della situazione bisogna pensare al bosco del Ticino. Dopo un’inondazione le piante ci sono ancora ma se queste muoiono a causa della siccità occorreranno decenni perché ricrescano.
di Francesco Pellegatta