GRAZIANO MASPERI
Cronaca

Delitto Perini, resa dei pm dopo 20 anni. La mamma: "Voglio verità, non mollo"

Abbiategrasso, ucciso e buttato nel Ticino. La Procura: colpa di due nomadi, ma sono irreperibili. La donna però non ci crede: "Errori e depistaggi"

Ebe Pagliari e il figlio Marco Perini trovato senza vita a 34 anni

Abbiategrasso (Milano), 2 gennaio 2021 - Era l’11 maggio del 2000 quando Marco Perini scomparve da casa per essere ritrovato senza vita 8 giorni dopo in una lanca del Ticino a Besate, nel Milanese. Ucciso da colpi ripetuti inferti da un corpo contundente mai ritrovato. Un delitto di oltre 20 anni fa, mai risolto. Marco Perini, all’epoca 34enne, viveva con la moglie Roberta Olivotto alla cascina Meraviglia, in un’abitazione ad Abbiategrasso, al confine con Ozzero. Poco dopo le 15 del giorno della scomparsa, Virginio Perini vide il nipote andare a casa. Morì ucciso un’ora dopo. Fu visto anche dalla moglie entrare nel garage a prendere un attrezzo per poi uscire in motorino. Passò nuovamente di fronte allo zio che lo vide percorrere la strada sterrata a forte velocità. La mamma Ebe Pagliari è sempre stata convinta che su quel motorino non ci fosse il figlio, ma l’assassino. Quel pomeriggio fu notata un’auto vicino alla cascina Meraviglia. Un’auto che nessuno aveva mai visto prima. Un fuoristrada che arrivò in via Cagnola per recuperare la persona che c’era sul motorino. Motorino poi preso da due ragazzini nomadi che vivevano in un accampamento. Su quell’auto c’era sicuramente Marco già cadavere. Ora gli inquirenti si arrendono ancora. Pur credendo alle dichiarazioni di una donna nomade che accusa gli zii paterni, secondo la quale lei stessa aveva appreso la verità nel 2005, i pm di Milano considerano i probabili assassini irreperibili e vogliono archiviare. 

Anni di battaglie e di indagini. Ma, soprattutto, anni di errori incedibili che hanno caratterizzato il caso dell’omicidio di Marco Perini. La mamma Ebe Pagliari non si è mai stancata di continuare a lottare, di chiedere giustizia e di spronare gli inquirenti. Anche adesso che le è stata notificata l’ennesima richiesta di archiviazione.

Dopo questa ulteriore brutta sorpresa cosa farà? Pensa di arrendersi? «Abbiamo già presentato opposizione. Se credono di farmi desistere hanno sbagliato di grosso. Finché sarò in vita darò tutto per arrivare alla verità».

La convince la ricostruzione della Procura che ritiene responsabili del delitto due nomadi che all’epoca vivevano proprio nei pressi dei luoghi dove venne consumato l’omicidio? «Mi sembra di essere tornata indietro di vent’anni, quando all’inizio delle indagini gli investigatori puntarono sull’accampamento di nomadi. Una tesi che rifiutiamo. Questa mi sembra una sorta di verità di comodo, trovata solo per farmi contenta». 

Eppure la Procura si era mossa sulla base delle dichiarazioni di una donna, della stessa famiglia nomade, che accusa i suoi due zii. Il pubblico ministero ritiene verosimile che i due nomadi indagati abbiano teso un agguato a Perini con una canna di bambù appuntita, per poi disfarsi del cadavere gettandolo in una lanca del Ticino.

Suo figlio aveva avuto screzi con quelle persone. Gatti uccisi, spari contro le anatre, incendi di sterpaglie... «Ma è possibile che si possa pensare a un movente del genere? In questi anni abbiamo assistito a veri depistaggi, le autorità hanno fatto errori mai riconosciuti. Noi abbiamo prodotto elementi importanti in pagine e pagine di documenti che abbiamo portato all’attenzione della Procura. E adesso i pubblici ministeri arrivano a questa conclusione. La richiesta di archiviazione che ho ricevuto dice che i due nomadi indagati sono irreperibili e che vennero controllati casualmente per l’ultima volta 4 anni fa a Frascati». 

Qualora dovessero emergere ulteriori elementi, e soprattutto se si dovesse scoprire dove sono, la Procura sarebbe pronta a riaprire immediatamente il caso...  «Nessuna sentenza di nessun giudice ritiene responsabili quei nomadi dell’omicidio di mio figlio. Andremo avanti a cercare la verità. Lo dobbiamo a Marco. Glielo devono gli investigatori per gli sbagli commessi in passato e glielo devo io come mamma».