Obitorio inagibile, per salutare un defunto bisogna andare a Vigevano

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"Ho saputo della morte di un mio carissimo amico, con il quale avevo da poco festeggiato gli ottantanni, ma non posso andare a far visita alla salma prima dei funerali. L’hanno portata sino a Vigevano. Perché non poteva rimanere qui in città, all’obitorio, come si è sempre fatto?". La domanda ce la rivolge un nostro appassionato lettore, Gian Antonio Passoni (foto). Ma non è il solo che, da alcuni mesi, in città si pone questa stessa domanda. La risposta è nel regolamento di attuazione della legge regionale 33 del 2009 in materia di sanità, adottato dalla Giunta regionale lo scorso giugno. Sulla base di questo regolamento, che detta le norme sulle attività funebri e cimiteriali, la salma di un defunto può essere tenuta in casa nei due-tre giorni prima del funerale, portata in una casa funeraria o rimanere nella camera mortuaria dell’ospedale se il decesso è avvenuto lì. Per la permanenza al domicilio del defunto la norma prevede che la salma dev’essere spostata se un medico dell’Ats attesta l’inidoneità dell’alloggio. Ma non sempre si trova la disponibilità di un medico nelle ore successive al decesso, quando si deve stabilire dove collocare la salma nell’immediatezza. I sindaci hanno anche la facoltà di far trasferire le salme nelle strutture sanitarie. Dall’entrata in vigore del regolamento alcuni sindaci dell’Abbiatense (Vermezzo, Morimondo, Ozzero ad esempio) hanno siglato una convenzione con l’Asst per usare la camera mortuaria dell’ospedale (triennale, con un costo di 7mila euro). Altri, come ad esempio Abbiategrasso, non l’hanno ancora fatto. Ma l’alternativa non esiste perché l’obitorio del cimitero non è adatto a ospitare le salme, necessitando di adeguati e costosi interventi di risanamento. Ad Abbiategrasso esiste una casa funeraria che viene però utilizzata solo da tre imprese funebri associate. Le altre imprese che operano in città sono così costrette a portare i defunti fuori dai confini comunali, con grandi disagi per i cittadini. Giovanni Chiodini