IVAN ALBARELLI
Cronaca

Investì due operai: condannato dirigente della Magneti Marelli

Corbetta, il caso si è chiuso sei anni dopo lo sciopero in cui avvennero i fatti: ora è arrivata la sentenza

Un presidio alla Magneti Marelli di Corbetta

Corbetta (Milano), 4 febbraio 2016 -  È una mattina tesa quel 21 ottobre di cinque anni fa. Alla Magneti Marelli di Corbetta, come in tante altre fabbriche d’Italia legate al pianeta Fiat, gli operai protestano contro la decisione dell’azienda torinese – con Marchionne ora alla guida – di uscire dal contratto nazionale dei metalmeccanici e di procedere lungo quella strada di confronto-scontro che porterà la multinazionale al matrimonio con la statunitense Chrysler. Il presidio degli operai comincia presto. All’alba, quando il primo turno sta per partire e gli operai ancora insonnoliti arrivano ci sono già a sventolare le bandiere della Fiom e della Cgil. Tutto sembra procedere senza problemi.

Una delle tante battaglie sindacali che esponenti della Fiom-Cgil territoriale come Renato Esmeraldi o la delegata interna Ivana Ceriani hanno visto nella loro vita. E invece, fra le otto e mezza e le nove, succede quello che nessuno fra i dipendenti presenti lì in quel momento avrebbe mai immaginato potesse accadere: due dirigenti arrivano in macchina, uno a pochi minuti di distanza dall’altro, e investono tre operai fermi davanti ai cancelli. Due di loro feriti in modo piuttosto serio – una frattura del perone e della rotula per il primo e una lesione importante alla rotula del ginocchio per l’altro – il terzo per sua fortuna se la cava con qualche escoriazione. Sono momenti concitati fra urla, insulti, carabinieri e ambulanze che arrivano a sirene spiegate. I due dirigenti vengono denunciati e finiscono a processo. Per uno di loro – Tiziano B. responsabile della manutenzione, oggi in pensione – la sentenza di primo grado del tribunale di Milano è arrivata in questi giorni. Due mesi di reclusione (pena sospesa) e 12mila euro complessivi: è questa la condanna inflitta con rito abbreviato dal giudice Guido Salvini. Soldi da liquidare alla Fiom (4mila euro), ma soprattutto a lui, Milo Rizzi, che quel mattino è fuori a protestare e che viene improvvisamente centrato dalla Giulietta del dirigente. Finisce a terra e subisce un trauma contusivo al ginocchio: rottura composta della rotula, ventun giorni di prognosi. Quelle ore convulse e drammatiche Milo le ha rivissute in questi mesi in aula, nel corso dei dibattimenti in cui accusa e difesa hanno presentato alla giuria due opposte tesi.

Scelta intenzionale e voluta quella di Tiziano B. – e dell’altro dirigente, in questi mesi ancora a processo e che ferirà in modo più grave l’altro operaio provocandogli la frattura del perone e della rotula – di forzare non solo il presidio per entrare in azienda con la macchina, ma di voler investire («sgasando) i dipendenti; è stata la tesi avanzata dalle parti lese e dal sindacato. «Sarebbe stato sufficiente lasciare la macchina fuori per raggiungere l’ufficio a piedi come altri dirigenti prima di lui avevano fatto quel giorno», ricorda Renato Esmeraldi all’epoca segretario della Fiom per la zona Ticino-Olona. La risposta a una provocazione dei dipendenti – sostiene l’imputato in aula – che quando lo vedono arrivare in auto iniziano a picchiare i pugni alla carrozzeria e a tirare calci alle ruote. Lo stesso afferma anche che quel giorno non era al corrente di scioperi indetti, né si era accorto della presenza delle bandiere dei sindacati. E rivendica il suo diritto a poter entrare in azienda con la macchina. Affermazioni che però il giudice non trova sufficientemente convincenti.