
Oltre il 60% dei reati si consuma tra le mura domestiche in famiglia Gli altri sul posto di lavoro
Presi in giro, insultati, minacciati, maltrattati, picchiati, a volte anche violentati perché deboli, svantaggiati, diversamente abili. Tre persone con disabilità su 100 sono vittime di crimini d’odio. È quanto emerge da un’analisi svolta sui 2.387 iscritti al Collocamento mirato della Provincia di Lecco: 60 di loro, denunciano di subire o aver subito cosiddetti crimini d’odio per la loro condizione. Oltre il 60% dei reati si consuma tra le mura domestiche, in famiglia. Gli altri altrove, compreso il posto di lavoro. "Un dato significativamente alto di crimini, ancora più deprecabili in quanto commessi nei confronti di persone con disabilità, in ragione della condizione di oggettivo svantaggio in cui versano le vittime", commenta Cristina Pagano, dirigente della Direzione organizzativa VI Lavoro e Centri impiego dell’Amministrazione provinciale di Lecco, intervenuta al 37° Congresso nazionale della società italiana di criminologia che si è svolto a Torino, dal titolo "Criminologia del futuro: storie, ricerca, diritti e trattamento. La dirigente provinciale sottolinea "l’importanza di creare un percorso sistemico verso il cambiamento culturale al fine di raggiungere un’inclusività e parità concreta delle persone con disabilità, nella vita e nel lavoro e spezzare la catena dell’odio". Un percorso che nel Lecchese è stato avviato almeno dal 2019, con un’offerta formativa nelle aziende del territorio e l’istituzione a Villa Locatelli del disability manager e del dirigente dell’inclusione. Diversi inoltre i progetti, come Down Job per promuovere l’autonomia lavorativa di persone con sindrome di Down in contesti lavorativi pronti ad accoglierli, varato dopo che la campionessa di danza paralimpica Giada Canino, 18enne di Calolziocorte, è stata vittima di cyberbullismo. D.D.S.