"Sotto la lente i medici che curarono Liam"

Dopo la condanna della madre i giudici chiedono di rivalutare la posizione dei sanitari: prima di morire il piccolo fu ricoverato due volte

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di Angelo Panzeri

La Procura di Lecco si dovrà occupare ancora della morte di Liam Nuzzo, avvenuta il 15 ottobre 2015. Secondo quanto disposto nella sentenza di ieri della Corte d’Assise di Como, che ieri ha condannato la madre a dieci anni di pena, gli atti del processo saranno trasmessi alla Procura di Lecco affinché "rivaluti posizione dei sanitari che ebbero in cura Liam Nuzzo, in occasione del secondo ricovero". Nei suoi 15 giorni di vita, Liam Nuzzo è entrato e uscito due volte, come paziente, dall’ospedale Manzoni di Lecco: il primo accesso, di 48 ore, a seguito di una caduta – a detta della mamma, assistita in aula dagli avvocati Nadia Invernizzi e Roberto Bardoni, accidentale – patita in casa, mentre il secondo ricovero dopo la comparsa di anomali rigonfiamenti sul suo capo, con le dimissioni firmate solo tre giorni prima della morte. E proprio tra il 12 e il 15 ottobre 2015 il bimbo, secondo una superperizia disposta dalla Procura di Lecco nell’ambito di un fascicolo parallelo aperto nei confronti di medici e infermieri che si erano presi cura del neonato, avrebbe subito le due fratture craniche perfettamente parallele riscontrate solo in sede di autopsia. La posizione dei sanitari venne archiviata nella prima udienza preliminare. L’inchiesta sulla morte del piccolo Liam sembra interminabile: nella prima fase la Procura di Lecco aveva chiesto l’archiviazione, poi il Gup ha disposto l’imputazione coatta, quindi due superperizie e la decisione di un secondo Gup di Lecco di "non luogo a procedere" nei confronti dei genitori. Sentenza impugnata dalla Procura generale della Corte d’Assise d’Appello di Milano e rinviata per competenza in Corte d’Assise a Como. Nella discussione dello scorso settembre il nuovo colpo di scena con l’allora procuratore di Lecco, Cuno Tarfusser, che riformulò l’imputazione in omicidio volontario in concorso, accusando la madre di avere colpito volontariamente il piccolo poi morto di polmonite. Il padre sarebbe stato consapevole ma non sarebbe intervenuto.Ieri è stata letta la sentenza sentenza con la condanna a dieci anni di carcere alla madre e l’assoluzione del padre.