
La basilica di San Pietro al Monte
Civate, 16 aprile 2016 - Il complesso monumentale di San Pietro al Monte di Civate potrebbe diventare patrimonio mondiale dell’umanità e rientrare nell’elenco dei siti Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura. All’ottenimento dell’importante riconoscimento, che comporterebbe pure cospicui finanziamenti artistici e turistici, si lavora da parecchio, ma ora il traguardo sembra veramente alla portata di mano o comunque più vicino, perché il percorso si prefigura comunque ancora lungo. Il primo verdetto verrà emesso a luglio, quando a Istanbul, in Turchia, si riuniranno i componenti dell’apposita commissione per stabilire se accogliere l’abazia nella «tentative list», una lista che raggruppa le candidature dei luoghi che si ambisce a trasformare appunto in patrimonio mondiale tutelato.
Il progetto, ritenuto congruo e rispettoso dei rigidi parametri e caratteristiche, messo in campo per realizzare il sogno si intitola «The cultural landscape of the Benedictine settlements in medieval Italy», cioè «Il paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia medievale», promosso dai vertici della Fondazione della Provincia di Lecco con l’obiettivo di valorizzare il territorio. L’abazia benedettina di San Pietro al Monte è infatti riconosciuta come una dei complessi più rappresentativi a livello non solo regionale ma anche nazionale. La leggenda narra che il primo insediamento risale addirittura al 772 e fu costruito in seguito ad una guarigione miracolosa. Ed effettivamente alcuni reperti sono datati tra il V e l’VIII secolo, sebbene il primo documento scritto è del IX secolo. Il merito di aver riscoperto San Pietro al Monte spetta ai volontari dell’associazione Amici di San Pietro, costituita nel 1975, da don Vincenzo Gatti, scomparso lo scorso dicembre a 80 anni, membro della comunità religiosa della famiglia Beato Angelico, che ha coordinato per oltre mezzo secolo i restauri.