È un mistero rimasto tale per oltre duemila anni, svelato grazie al team di professori e ricercatori del Mummy Project e il contributo del Rotary club Erba Laghi e della Fondazione provinciale della comunità comasca, quello dei tre frammenti di mummie conservati nel Museo di Erba.
Le accurate indagini proseguite per un anno hanno permesso di accertare che testa, piede e mano che il marchese Francesco Majononi riportò con sé a fine ‘800, dopo essere stato console in Egitto, appartengono a tre individui diversi: la testa a un maschio di oltre 50 anni, che sicuramente in vita ha sofferto di mal di denti, viste le carie presenti sui molari; la mano sinistra a un individuo giovane, che non ha terminato la crescita, di circa 16 anni, giudicando dall’ossificazione delle ossa; il piede sinistro a un individuo maschile, inferiore ai 14 anni, con problemi nella crescita, forse per cattiva alimentazione o per malattia.
Sono state rilevate alcune sostanze naturali usate durante la mummificazione, tra cui olio di lino, resine, mastice e bitume. Le bende usate sono di lino sottile e pregiato. Non presentano attacchi d’insetti: l’imbalsamazione è stata fatta a regola d’arte e tradisce l’appartenenza a una classe sociale elevata.
Le analisi del Dna non hanno invece prodotto risultati, perché il materiale è risultato troppo degradato, cosa piuttosto frequente nelle mummie per via dei trattamenti subiti in antico e in tempi recenti. Molto soddisfacenti sono state le analisi del C14, che hanno permesso di datare i reperti. Benché non appartengano a uno stesso individuo, sono invece compatibili cronologicamente. Si datano tra il 390 a.C. e il 208 a.C., periodo che comprende la XXX dinastia, la II dominazione persiana, l’arrivo di Alessandro Magno in Egitto nel 332 e la prima fase del Periodo Tolemaico. R.C.