Respiravano amianto in fabbrica Ora la pensione è più pesante

Il “risarcimento” a tre ex operai di quelle che erano le officine ferroviarie di Costa Masnaga

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Hanno lavorato per anni a loro insaputa in un ambiente infestato di amianto. Per questo tre ex operai di quelle che erano le officine ferroviarie di Costa Masnaga riceveranno una pensione più alta. Lo prevede la legge, in base alla quale ai lavoratori che sono stati esposti per all’amianto spettano alcuni benefici pensionistici. Poiché sono a riposo ormai da tempo la loro pensione dovrà essere adesso ricalcolata e rivalutata.

Per ottenere il riconoscimento di ciò che è un loro diritto le tre ex tute blu hanno dovuto però fare causa all’Inps. Ad assisterli durante la causa è stato l’avvocato Roberto Molteni, che aveva già vinto una prima vertenza nel 2019. "La battaglia legale è cominciata nel 2010-2011 – ha spiegato l’avvocato –. I primi ricorso in tribunale a Lecco e in Corte d’Appello a Milano sono stati persi, fino a che nel 2019 abbiamo ottenuto un’importante sentenza in Cassazione". È stato un verdetto che ha fatto e sta facendo scuola: "Altri lavoratori tra cui i tre che hanno vinto l’ultima causa hanno potuto beneficiare di questo beneficio contributivo. Viene riconosciuto che avendo loro lavorato per oltre 10 anni in un ambiente esposto all’amianto con un’esposizione oltre la soglia di 100 fibre per litro d’aria e quindi in un ambiente pericoloso, hanno diritto al riconoscimento di una maggiore contribuzione". Chi ad esempio è andato in pensione con 35 anni di anzianità di servizio è come se fosse andato in pensione con 40. Ad emettere il pronunciamento è stata la giudice del tribunale del lavoro Federica Trovò. L’avvocato Roberto Molteni è anche membro del Comitato legale del Gam di Lecco, il Gruppo aiuto mesoteliama, fondato da Cinzia Manzoni, con cui oggi è a Roma per un convegno sul tema al Senato. Insieme stanno inoltre portando avanti un’altra causa analoga anche per i lavoratori dell’ex Leuci, la vecchia fabbrica di lampadine di Lecco, dove 800 lavoratori, soprattutto donne, hanno lavorato in uno stabilimento saturo di amianto senza alcuna protezione. Daniele De Salvo