
Prodotti di bellezza tossici Sequestrati 250mila flaconi
Erano pronti a finire sugli scaffali del bagno di migliaia di consumatori: creme per il corpo e per il viso, shampoo, lozioni, tinture per capelli, deodoranti. Tutto contenente Lilial (Butylphieniyl methylpropional), sostanza chimica messa al bando nel 2022 dall’Unione europea perché ad elevata tossicità e potenzialmente cancerogena se utilizzata- come era il caso specifico - per profumare i prodotti. Oltre 250mila confezioni sono state tolte dal mercato dalla guardia di finanza di Roma, che ha condotto un’indagine su vasta scala in tutta Italia, scoprendo che uno dei centri di stoccaggio era a Ono San Pietro, in Valcamonica. Le perquisizioni sono scattate in magazzini distribuiti sul territorio nazionale tra le province di Brescia, Napoli e Caserta. I sequestri hanno fatto finire nei guai quattro persone, i rappresentanti legali di altrettante società di riferimento, iscritti al registro degli indagati per il reato di commercializzazione di cosmetici ritenuti dannosi per la salute.
Gli accertamenti dei finanzieri romani hanno preso le mosse da alcuni controlli eseguiti nella zona di via Dell’Omo, della Cisternola e di Muracciolo di Rischiaro, nella periferia est della Capitale. Verifiche che avevano appunto permesso di scoprire enormi stock di boccette e vasetti contenenti preparati di bellezza in realtà molto pericolosi. Solo a Roma sono state sequestrate cinquemila confezioni.
Tutti i prodotti sono risultati contaminati dal Lilial, una sostanza indicata come Buthylfenil Methylpropoyonal, frequentemente presente nei prodotti utilizzati per la pulizia domestica e per il bucato, sui quali vige un regolamento diverso e ovviamente meno stringente rispetto a quello riguardante i cosmetici. L’esame dei documenti trovati durante le ispezioni ha permesso agli investigatori di ricostruire la filiera distributiva e di risalire ai fornitori che avrebbero importato la merce proibita fino ai luoghi di stoccaggio, individuati a Ono San Pietro e nelle province campane. Attraverso il Rapex, una piattaforma telematica dedicata, i militari hanno allertato la Commissione europea e gli Stati membri ai quali gli stessi avrebbero dovuto essere venduti.
Beatrice Raspa