
Una delle manifestazioni dei lavoratori della Grattarola
Lecco - Chiesti 4 anni e 6 mesi di reclusione per Marco Valsecchi, l’imprenditore valsassinese accusato di bancarotta fraudolenta per il fallimento della Grattarola, l’azienda di mobili con sede a Cortenova. La richiesta di condanna è stata avanzata dal pm Paolo Del Grosso, al termine della requisitoria seguita dalle arringhe dei difensori Michela Andresano e Lapo Becattini. L’ultimo atto è previsto per lunedì con la lettura della sentenza da parte del collegio giudicante presieduto da Enrico Manzi, a latere Martina Beggio e Giulia Barazzetta. A processo è rimasto Marco Valsecchi, ritenuto dall’accusa amministratore di fatto della Grattarola Srl, la società specializzata nella produzione e nella commercializzazione di mobili di pregio, famosa in tutta Europa in particolare per le cucine in legno massello, dichiarata fallita il 9 luglio del 2013 dal tribunale di Lecco per l’impossibilità di far fronte a 12 milioni di euro di debiti.
Durante la requisitoria il sostituto procuratore ha ricostruito quanto accaduto alla Grattarola negli ultimi anni prima del fallimento, tra cui presunti pagamenti in nero, che sono stati quantificati dagli inquirenti attorno a un milione e 800mila euro. La famiglia Valsecchi aveva rilevato l’azienda già in difficoltà con l’obiettivo di rilanciarla. "Purtroppo – come evidenziato dai difensori dell’imputato – la crisi del 2008 ha dato la mazzata finale". Tra l’altro due ex dipendenti hanno fornito – in altrettante deposizioni – una versione diametralmente opposta. Un ex dipendente dell’azienda valsassinese ha dichiarato: "Sì, quella dei pagamenti in nero era una pratica diffusa, soprattutto con le aziende del Sud". E ha svelato nomi di autisti e aziende che ricevevano i soldi in contanti. Il secondo teste ha, invece, chiarito che "non potevano essere consegnate buste contenenti soldi e faceva fede la bolla con il materiale consegnato". Un teste chiave del processo è stato Filippo Redaelli, curatore fallimentare della Grattarola, che ha spiegato l’iter dell’attività: "Il cliente mandava la richiesta di preventivo, che veniva sviluppato e poi inviato al cliente per la firma. Successivamente veniva sviluppato l’ordine, sia graficamente che sul gestionale, e poi mandato in produzione. Una volta chiuso l’ordine, si concludeva con la bollettazione e la fatturazione". Secondo l’accusa c’erano discrepanze tra fatture e ordini su una certa clientela, in particolare per alcuni con sede in provincia di Napoli. Nell’arringa di oltre 3 ore l’avvocatessa Michela Andresano, difensore di Marco Valsecchi, ha smontato punto dopo punto le accuse e al termine ha formulato di richiesta di assoluzione per il suo assistito. Il 5 luglio la sentenza.