Tutti in coda sul nuovo ponte di Paderno d'Adda

Traffico già in tilt per il ritorno delle auto e i tanti curiosi. Cinque le proposte per una nuova struttura che attraversa il fiume

Traffico sul ponte da da poco riaperto alle auto

Traffico sul ponte da da poco riaperto alle auto

Paderno d'Adda (Lecco), 10 novembre 2019 - Tutti in coda per il ponte. All’indomani della riapertura al transito veicolare del San Michele, centinaia e centinaia di automobilisti ieri si sono messi in fila per riattraversarlo a passo d’uomo o quasi, poiché la velocità massima consentita per ragioni di sicurezza è di appena 20 chilometri all’ora. La Sp 54 e via Ugo Festini da una parte e la Sp 166 dall’altra sulla sponda bergamasca si sono così trasformate in un lungo e lento serpentone di guidatori in attesa del proprio turno scandito dall’impianto semaforico che disciplina il senso unico alternato per poter passare sul viadotto, con ripercussioni sulla viabilità di tutta la zona.

Dopo 14 mesi di serrata molti curiosi non hanno infatti resistito alla tentazione di tornare ad ammirare il caratteristico paesaggio della valle dell’Adda con il naviglio leonardesco, le chiuse, le dighe e le storiche centrali idroelettriche tra le prime in Italia, dagli ottanta metri di altezza del viadotto costruito tra il 1887 e il 1889. Oltre agli sbarramenti, agli imbocchi del ponte per poter consentire il passaggio ai conducenti delle auto, sono state rimosse pure le barriere laterali che prima impedivano la visuale e di godersi il panorama unico nel suo genere che ha ispirato pure il Genio rinascimentale per alcuni dei suoi quadri e delle sue invenzioni. Era successo lo stesso anche la scorsa primavera in concomitanza con la riapertura del ponte a pedoni e ciclisti. «Il ponte San Michele può costituire un’attrazione e un’occasione di turismo per tutto il circondario e un’importante traino all’economia del territorio», ha sottolineato e in qualche modo anticipato l’altro giorno quanto poi si è effettivamente verificato una giornata più tardi il sindaco di Paderno Gianpaolo Torchio durante la cerimonia inaugurale, ricordando che l’infrastruttura è in lizza per diventare patrimonio dell’umanità come sito Unesco, poiché costituisce una vera e propria mastodontica opera d’arte del XIX secolo. «È un gioiello di archeologia industriale unico in Italia e al mondo», gli ha fatto eco il presidente di Rfi Claudia Cattani.

Proprio perché è un’opera d’arte il San Michele, che mostra tutti i segni dell’incedere del tempo e dell’inadeguatezza a continuare ad assolvere il compito per il quale è stato innalzato nonostante l’intervento di restauro e di consolidamento ancora in corso, come dimostrato anche dagli incolonnamenti di sabato, andrebbe però preservato piuttosto che continuare essere sfruttato come principale arteria di collegamento tra il Meratese e l’Isola. «Occorre certamente un nuovo ponte ferroviario per la linea Milano-Bergamo via Carnate - ha infatti ribadito l’amministratore delegato di Rfi e commissario dei lavori al ponte Maurizio Gentile, sempre durante il taglio del nastro tricolore -. Poiché credo serva pure un nuovo ponte viario, siano disponibili a confrontarci con i politici e i tecnici di Regione Lombardia per valutare ipotesi e soluzioni condivise». Il tempo utile è di tre, quattro lustri al massimo e, senza alternative, ci si ritroverà nella medesima situazione degli ultimi 400 giorni di serrata. Alcune proposte sono già sul tavolo: «Abbiamo redatto cinque nuovi possibili percorsi», si è limitato tuttavia a rivelare l’ad di Rete ferroviaria italiana, che non si è voluto sbilanciare nemmeno sui costi. «Un nuovo ponte costa naturalmente parecchio, ma le cifre non contano in termini assoluti, perché dobbiamo ragionare in termini di benefici, di manutenzione e di durata utile di esercizio», ha spiegato il commissario al San Michele. Quello che si sa è che per l’operazione di recupero del San Michele sono stati stanziati 21 milioni di euro, più di quanti ne sono stati spesi all’epoca per innalzarlo in base alla rivalutazione del cambio attuale