Padre Norberto saltato su una mina in Centrafrica: "Guarisco e ritorno in missione"

Per un ordigno piazzato dai ribelli, il 71enne lecchese ha dovuto subire l’amputazione di un piede. Necessaria una protesi, ma lui non s’arrende: "Mi riprenderò anche se sarà lunga"

L'arrivo in Italia di Padre Norberto

L'arrivo in Italia di Padre Norberto

Lecco, 27 febbraio 2023 - La deflagrazione, poi il buio. "Dell’esplosione non ricordo nulla, dopo lo scoppio sono svenuto", racconta dal letto dell’Istituto ortopedico di Bologna, dove è ricoverato, padre Norberto Pozzi, il missionario carmelitano scalzo di 71 anni di Lecco, che venerdì di due settimane fa è saltato su una mina anticarro in Centrafrica. Dalla sua missione di Bozoum, Nord-Ovest del Paese, stava andando a riparare una scuola a Bokpayan, un villaggio a una sessantina di chilometri che non è riportato nemmeno sulle mappe. "Mentre mi stavano prestando i primi soccorsi ho ripreso conoscenza per pochi istanti – sono gli unici frammenti di memoria -. Ho visto la jeep su cui viaggiavo distrutta e il mio piede disintegrato, poi sono collassato di nuovo".

Si è risvegliato di nuovo a Bozoum, da dove era partito. È stato un motociclista di passaggio a salvarlo e portarlo in moto al sicuro. Da lì il giorno seguente è stato trasferito in elicottero dai militari delle Nazioni Unite all’ospedale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, e, successivamente, con un volo sempre dei soldati della missione Minusca, a Kampala in Uganda. Ha subìto varie operazioni e l’amputazione del piede sinistro, ma non sono bastate a bloccare la necrosi. Per questo venerdì, dopo aver fatto scalo ad Amsterdam, è stato rimpatriato. "È stata dura, specialmente all’inizio – ammette padre Norberto -. Una volta a Kampala le mie condizioni sono migliorate, anche se continuavo ad avere alti e bassi e a provare una grande stanchezza".

Ora che è in Italia, si sente meglio: "Mi è tornato pure l’appetito", scherza. Accanto a lui c’è suo fratello Claudio, che è medico. Sa che ha già perso un piede e che gli verrà ancora amputata parte della gamba per debellare completamente la setticemia e potergli impiantare una protesi che dovrebbe consentirgli di nuovo di camminare. "Ci vorrà tempo, ma mi rimetterò in piedi", dice con fiducia il religioso. Nonostante le condizioni estreme, i chirurghi ugandesi hanno svolto un ottimo lavoro. "La ferita è in buono stato e le prospettive sono abbastanza buone – conferma padre Aurelio Gazzera, confratello 60enne, superiore delegato dei carmelitani in Centrafrica -. Ci saranno ulteriori interventi, un’altra piccola amputazione per preparare la gamba alla protesi e un lungo percorso di riabilitazione. Sta bene, è in ottime mani".

L’auspicio di padre Norberto è di trascorrere la convalescenza nella sua Acquate, il rione di Lecco di cui è originario, e dopo di tornare nella sua Africa. Padre Norberto è approdato in Centrafrica per la prima volta nel 1980 come volontario laico: è un geometra e il suo aiuto è stato molto prezioso. Ci è rimasto 8 anni, al termine dei quali ha deciso di entrare nei carmelitani scalzi. Nel 1995, una volta ordinato sacerdote, è tornato in missione in Centrafrica, prima a Baoro e dal 2011 a Bozoum. A disseminare di mine la pista che stava percorrendo al volante di una Toyota Land Cruise sono stati i ribelli che mirano a diffondere il terrore tra i civili per spingerli a scappare e poter sfruttare i giacimenti minerari del distretto, probabilmente foraggiati e armati da investitori stranieri.

Con il missionario lecchese c’erano un giovane carmelitano francese, due muratori, un falegname e il responsabile delle scuole di villaggio della missione, che se la sono tutti cavata con ferite lievi. La mina è esplosa sul lato sinistro del guidatore, che era proprio padre Norberto, che nel 2008 era già scampato a una sparatoria di predoni: un proiettile si era fermato a pochi centimetri da lui nel poggiatesta dalla sua auto e uno nel pomello della leva del cambio. Curarlo in Africa e riportarlo a casa è costato 50mila euro, tutti a carico dei missionari. Per questo i carmelitani scalzi si appellano alla generosità di fedeli e benefattori: "Le spese per il trasporto in Italia sono enormi – dice padre Aurelio -. Ogni aiuto è prezioso".