
Le tre sorelline Simona Keisi e Sidny uccise a coltellate dalla madre il 9 marzo scorso a Lecco
Lecco, 17 ottobre 2014 - Quando ha sgozzato le sue tre figlie non era capace di intendere né di volere. Secondo il professor Federico Durbano, esperto in psichiatria forense dell’università di Milano e di Castellanza, Edlira Copa, la 37enne che la notte del 9 marzo scorso a Chiuso ha ammazzato quelle che definiva le «gioie della sua vita», Sidny di appena 3 anni, Keisi di 10 e Simona di 13, non sapeva quello che stava compiendo. Con il perito nominato dal giudice per le indagini preliminari Paolo Salvatore concordano anche i consulenti di parte scelti dal sostituto procuratore Silvia Zannini e dall’avvocato difensore Andrea Spreafico, cioè rispettivamente la dottoressa Laura Ghiringhelli e il dottor Mario Lanfranconi.
La donna, attualmente detenuta presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, provincia di Mantova, non è dunque imputabile né condannabile. Che la madre non possa essere ritenuta responsabile penalmente di quanto ha commesso lo si era era già intuito lo scorso ottobre, quando il professionista di fiducia del Gip aveva anticipato con una mail le conclusioni delle sue osservazioni. Ieri però è giunta anche l’ufficialità al termine dell’incidente probatorio. La donna ha preferito non essere presente in aula. «Quello che avverrà in futuro comunque non è ancora chiaro. Le indagini non sono state ancora chiuse. Il processo verrà comunque celebrato, per una possibile data bisognerà tuttavia attendere dopo Natale.
Ma se i tre esperti convengono sulla non capacità di intendere e di volere a quanto pare non risulta unanimità di vedute sulla pericolosità sociale di Edlira, o meglio sul grado di pericolosità. Si tratta di un aspetto determinante per quello che potrebbe essere l’eventuale pronunciamento dei magistrati e sul possibile periodo di internamento prima che possa ricostruirsi un’esistenza fuori dalla clinica mantovana, ammesso che ciò sia possibile. Il timore non è solo che possa nuocere ad altri, ma anche a se stessa, come del resto già avvenuto, poiché dopo aver ucciso le tre figlie ha subito tentato un gesto estremo e poi ci ha riprovato anche durante il periodo di detenzione al Bassone di Como prima di essere trasferita in un ambiente adatto alla sua situazione. «Nei prossimi giorni andrò a trovarla per comunicarle di persona quanto è stato stabilito – anticipa il difensore -. Attualmente sta seguendo un percorso terapeutico e prendendo lentamente coscienza di ciò che ha fatto. Svolge anche qualche piccolo lavoretto, non solo per ingannare le giornate, ma anche perché le attività manuali, mi hanno illustrato i medici che si occupano di lei, servono per aiutarla nel cammino di guarigione».