Stazione di Bologna, 2 agosto 1980, il primo sabato di esodo di massa estivo. Alle 10.25 un lampo di fuoco seguito da un boato: una bomba, quella della strage di Bologna. Ottantacinque morti, centinaia di feriti tra cui l’ultimo Pulcinella che veste la divisa da ferroviere, perché quel giorno non recita su un palco, ma è in servizio come conduttore dei vagoni, non macchinista, bensì bigliettaio. Il Pulcinella ferroviere è Roberto Castaldo, 27 anni all’epoca, 72 oggi, campano di origine, lombardo d’adozione perché lavoro e affetti lo hanno portato al Nord, fino a Merate, dove abita. Clown già nell’infanzia, i suoi maestri di scena e maschera sono Alberto Cagna, il clown di Otto e mezzo di Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Gianni Crosio, Roberto Murolo... Di arte e spettacolo non sempre si riesce a campare, per questo sceglie prima la Marina militare, dopo le Ferrovie dello Stato.
"Quella mattina dovevo essere di turno a Cremona, ma all’ultimo mi spostarono da Milano a Bologna – racconta Roberto –. Dovevo ritornare a Milano con un Adrian express, che però era in ritardo di cinquanta minuti". Tante volte, nell’attesa, Roberto è passato avanti e indietro appena fuori dalla sala dove, nascosta in una valigia, c’era la bomba pronta a esplodere. Quando finalmente il convoglio arriva, lui sale a bordo e si posiziona al suo posto, come gli altri colleghi, uno ogni quattro vetture. "Ho la faccia rivolta verso la coda del treno, la sala d’aspetto l’avevo sulla mia destra – ricorda Roberto, con una memoria fotografica che rende presente il passato –. Il capotreno fischia d’improvviso, mi giro, vedo il segnale verde, alzo il braccio destro per dare il segnale di pronti alla partenza". Ma invece che partire il treno, esplode la bomba: "Una fiammata enorme, un boato. Qualcuno esce dalla sala d’aspetto con gli indumenti bruciati. Si sprigiona una coltre di fuliggine nera, è come se si camminasse dentro un tunnel nero. Mi metto la mano davanti alla bocca per proteggermi. In quell’esatto istante la sala d’aspetto crolla. Il vuoto d’aria mi schiaccia contro la vettura, poi a terra. Sulla gamba mi cadde un pezzo di ferro". Nessun dolore, solo il silenzio. Poi, dopo due minuti, urla, pianti, l’ululato delle prima sirene. Il resto è storia, è vuoto, è paura ancora oggi di ogni rumore improvviso. Il racconto di Roberto, ferroviere, tra gli ultimi testimoni diretti della strage di Bologna, è diventato un brano musicale dei musicisti degli Bsmc: si intitola “10.24“, il minuto prima della strage, della vita che scorre prima che tutto si spezzi. "Perché la memoria è un dovere e la testimonianza un obbligo morale, per raggiungere più persone possibili, specialmente i più giovani che 45 anni fa nemmeno erano nati", spiega Roberto, che, come Pulcinella, è riuscito a beffare il fato di quel sabato mattina del 2 agosto 1980.