Lucio Battisti, il ricordo dei suoi ottant’anni nel rifugio tra i silenzi della Brianza

Schivo nel rapporto con il pubblico e i media, l’artista scelse l’isolamento fino alla morte. Ma in un ristorante incontrava gli amici e cantava le vecchie canzoni

Una delle celebri copertine di Lucio Battisti

Una delle celebri copertine di Lucio Battisti

Molteno (Lecco) - Domani avrebbe compiuto 80 anni. Ma il vuoto che ha lasciato, abbandonando il pianeta in una stanza di terapia intensiva dell’ospedale San Paolo di Milano, più che a Molteno, dove viveva ma nessuno lo vedeva mai in giro, è risuonato in tutta Italia, e anche fuori. Lucio Battisti fu portato via, secondo voci ufficiose, da un linfoma non-Hodgkins il 9 settembre 1998, provandoci di un patrimonio sterminato di meraviglie musical e di poesia.

Il lungo sodalizio con Mogol fu il fulcro del suo successo e l’amico ne costruì l’immagine di interprete della vita e dei sentimenti comuni. Questa, che ha segnato in Italia un’epoca musicale e di costume, è rimasta la principale immagine del cantautore, complice il ritiro totale dalle scene e dalla visibilità pubblica che Battisti, schivo nel rapporto con il pubblico e i media, mise in pratica dai primi anni Ottanta fino alla morte.

A Molteno, nella Brianza lecchese, Lucio Battisti arrivò nel 1973. A lui e a Giulio Rapetti in arte Mogol, autore dei testi delle sue più celebri canzoni, come racconta Lecco Channel, fu consigliato l’acquisto di due ville confinanti da Riccardo Pizzamiglio, uomo di fiducia e tecnico del suono della “Numero Uno”, etichetta discografica fondata da Battisti. Pizzamiglio era stato anche il tramite per la villetta che Lucio aveva abitato fino a quel momento in largo Rio de Janeiro, nel quartiere Città Studi a Milano.

A Molteno Lucio visse con Grazia Letizia Veronese, ex segretaria del Clan di Celentano, e con il figlio, Luca Filippo Carlo. La villa in collina a Dosso di Coroldo, frazione di Molteno, è in una residenza con portineria che accede a un grande parco. Qui Lucio ha condotto a lungo una vita ritirata, lontana dai riflettori: pochi amici, molti viaggi, musica classica, la passione per il dipinto, i film in televisione, il giardinaggio.

Una delle celebri copertine di Lucio Battisti
Una delle celebri copertine di Lucio Battisti

Per sfuggire ai giornalisti e ai fan aveva scelto la Brianza Lecchese, o il piccolo appartamento a Roma, sulla via Cassia, e un’altra abitazione a Rimini, dove andava ogni tanto. Frequentava spesso solo la saletta del camino del ristorante Riva di Molteno, dove in compagnia di Mogol, Alberto Radius, La Formula Tre, Antonello Venditti e Mario Lavezzi dava sfogo al suo amore per la musica e alle amicizie, suonando con le chitarre a tracolla le sue vecchie e incredibili canzoni, “Il Nostro Caro Angelo”, “Ancora tu”, “Amarsi un po’”, “Una Donna per Amico”.

Della sua carriera, del sodalizio perfetto con Mogol e degli ultimi cinque album “sperimentali“, creati con il cantautore siciliano Pasquale Panella, si sa ormai tutto. Quel che agghiaccia è l’epilogo di una parabola così unica. Tra il 29 e il 30 agosto 1998 si diffonde la notizia del ricovero di Battisti in gravi condizioni cliniche al San Paolo, dove avrebbe affrontato un intervento chirurgico d’urgenza. Durante gli 11 giorni di ricovero, per volere della stessa famiglia, non viene diffuso alcun bollettino medico. Saputo del ricovero, Mogol scrive una lettera all’amico e la fa recapitare alla clinica, soltanto anni più tardi venne a sapere che Battisti si commosse leggendola.

Il 6 settembre le sue condizioni si aggravano ulteriormente e l’8 viene spostato nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale San Paolo di Milano. Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre a 55 anni; le cause della morte non sono mai state comunicate ufficialmente e l’unico bollettino medico disponibile riporta solamente che «il paziente, nonostante tutte le cure dei sanitari che lo hanno assistito, è deceduto per intervenute complicanze in un quadro clinico severo sin dall’esordio».

Secondo voci non confermate il musicista sarebbe morto per un linfoma maligno che aveva colpito il fegato; altre voci affermarono che avesse sofferto di glomerulonefrite. Ai funerali, celebratisi in forma privata a Molteno, furono ammesse appena 20 persone, tra le quali Mogol, e il cantante venne sepolto nel cimitero del comune brianzolo.