
I lavori della ciclopista sono bloccati e l’arresto del presidente del Consorzio allontana la ripresa
Abbadia, 10 marzo 2015 - «É una maledizione. Non so più che dire. Ogni volta ci si trova davanti a un nuovo ostacolo». Allarga le braccia Rocco Cardamone, ex sindaco di Abbadia e padre dell’idea della ciclabile di collegamento con Lecco, che oggi è consigliere delegato alla Viabilità in Provincia. Lo fa di fronte alla notizia dell’arresto di Pietro Tindaro Mollica, presidente del Consorzio Aedars Scarl che aveva vinto l’appalto per la realizzazione della ciclopista. Il 26 febbraio si era tenuta l’udienza presso il Tar regionale con cui il Consorzio Aedars Scarl aveva chiesto l’annullamento dell’interdittiva emessa dalla Prefettura di Roma, dopo che altri Tar avevano già annullato il provvedimento, e si pensava che anche in Lombardia i lavori affidata ad Aedars Scarl sarebbero potuti ripartire. Ora invece l’arresto sembra rimettere tutto in discussione.
«Visti gli esiti degli altri Tar ci aspettavamo che anche qui tutto sarebbe stato ribaltato e si sarebbe ripartiti con i lavori. Sono amareggiato: è incredibile che le opere pubbliche in Italia siano figlie di queste situazioni criminali e caratterizzate da infiltrazioni mafiose. Speravo che questa sentenza potesse spianare la strada alla ripresa e invece si rimette in discussione in modo definitivo l’appalto a questo consorzio». A breve ci sarà un incontro con Anas per fare il punto su diverse questioni. «Sarà l’occasione per capire il percorso alternativo da seguire per poter vedere proseguire i lavori. Viste le varie vicissitudini immagino che Anas deciderà di fare un nuovo appalto e chissà che cosa accadrà, magari ci saranno altri ricorsi. La matassa è sempre più intricata e un’opera così importante per il territorio e per le nostre comunità resta al palo».
L’operazione «Variante inattesa», svolta dagli uomini del Nucleo di polizia tributaria coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Paola Filippi nel Lazio, ha portato ad accertare i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione aggravata, estorsione e interposizione fittizia. Alle indagini hanno preso parte anche gli specialisti del Gico con attività di intercettazione e accertamenti economico-patrimoniali. Le indagini hanno consentito di ricostruire l’attività criminale del gruppo capeggiato da Mollica, imprenditore che opera nel settore degli appalti pubblici da oltre vent’anni, amministratore di fatto delle aziende destinatarie dei provvedimenti di sequestro, seppure intestate a prestanome. In totale sono 24 le perquisizioni effettuate tra Lazio, Sicilia e Veneto, nei confronti di 14 indagati.