Abbadia Lariana (Lecco) – Libero di guidare, nonostante la corsa a 150 all’ora la fuga dall’ospedale per non sottoporsi all’alcoltest, la morte di Jenny. A poco più di un mese e mezzo dell’entrata in vigore del nuovo Codice della strada, 11 giorni dopo l’incidente e 5 dopo la morte di Jenny, a ieri mattina aveva ancora la patente il 22enne di Lecco che guidava la Bmw serie 1 su cui si trovava anche la ragazzina di 13 anni che giovedì scorso è morta, al termine di un’agonia di una settimana di coma irreversibile in cui era precipitata in seguito ad uno schianto a tutta velocità contro un parapetto in cemento avvenuto all’alba del venerdì prima sulla Sp 72 ad Abbadia. Al volante c’era appunto Massimo: lo ha ammesso lui stesso, lo ha confermato Michele, l’altro amico di 19 anni che era in auto, lo provano i video girati una manciata di minuti e qualche centinaio di metri prima dell’incidente.
Avrebbero potuto sospendergliela dalla Motorizzazione civile, dalla prefettura o dall’autorità giudiziaria, ma nessuno ha proceduto in tal senso, nonostante appunto le nuove normative, il clamore e la commozione suscitato dall’incidente costato la vita a una 13enne, nonostante soprattutto la morte di Jenny. «Vogliamo giustizia», dice l’avvocato Marcello Perillo per conto del papà di Jenny, per il quale ha anche depositato un querela contro il 22enne, che è indagato a piede libero per omicidio stradale, proprio per sollecitare magistrati e giudici a intervenire rapidamente. Il procuratore della Procura della Repubblica di Lecco Ezio Domenico Basso nega che Massimo abbia confessato: «Nessuna dichiarazione - ha spiegato l’altro ieri in una nota - è stata resa», almeno non al pm incaricato del caso, che a quel momento non lo aveva ancora sentito.