CORTENOVA (Lecco)
Cantare di un conflitto senza fine, degli interminabili lavori forzati con la pala rotta, del rancio di rape e delle sigarette che non bastano mai. E poi di Hitler che è matto, dei lager, delle SS. Ma soprattutto dell’Italia, delle montagne, delle valli, del lago. Cantare del ritorno a casa. Sono i canti che intonavano gli oltre 400 valsassinesi internati durante la Seconda guerra mondiale nei campi di concentramento perché non si sono uniti ai repubblichini, sindacalisti, operai in sciopero, partigiani, passatori che aiutavano ebrei, soldati alleati e oppositori dei nazifascisti a valicare il confine. Sono di moderni spiritual, scritti da parolieri anonimi, sulle note di brani che conoscevano tutti: Lilì Marlene, La montanara, Il Monte Canino... Sono stati tramandati di bocca in bocca da chi a casa è riuscito a riarrivarci, a differenza dei 47 che invece indietro non sono mai tornati, perché morti di stenti, giustiziati o gassati.
I padri superstiti li hanno cantati ai figli e ai nipoti, che poi li hanno insegnati ai loro di figli e nipoti. La catena si stava però per rompere e il patrimonio di memoria rischiava di svanire per sempre. A riannodare il fragile filo della storia ci ha pensato il maestro Alessio Benedetti, musicista plurilaureato e premiato di 48 anni di Cortenova, direttore di diversi cori in Valsassina, tra cui il coro Cantar Partigiano, e ideatore del laboratorio CantarResistenza. Più di una dozzina i canti che ha "salvato": Oggi non si lavora, Si lascia la Germania, Ritorno, La Valsassina... i titoli. "Il canto è da sempre lo strumento di espressione più diretto e immediato – spiega il maestro -. Anche in prigionia l’arte trova spazio, persino laddove la vita è così fragile da non essere considerata. In questi testi c’è tutta una vita, anzi le più vite vissute in luoghi di strazi incredibili e di inenarrabili patimenti, nella speranza che il domani sia ricco solo di musiche di pace e di libertà".
Quei canti di resistenza e Resistenza che il maestro Alessio Benedetti ha riscoperto e preservato, grazie a lui hanno risuonato e stanno risuonando di nuovo proprio in questi giorni, nei paesi e sui monti della Valsassina, durante le celebrazioni per omaggiare quanti, nell’autunno di 80 anni fa, a causa dei rastrellamenti dei nazifascisti, hanno pagato con la deportazione, le torture, a volte la morte la loro scelta di libertà.