REDAZIONE LECCO

In Albania per dimenticare la strage: "Tre figlie uccise, io non perdono"

L’operaio non era in casa quando la moglie si accanì sulle bambine di DANIELE DE SALVO

Le tre sorelline Simona, Keisi e Sidny

Lecco, 7 marzo 2016 - Sono trascorsi ormai due anni dalla tragica notte del 9 marzo 2014, una domenica, quando Edlira Copa, adesso 39enne, accoltellò e uccise in un raptus omicida le tre figlie Simona, Keisi e Sidny - di appena 13, 10 e tre anni - nell’appartamento di Chiuso nel quale vivevano. Ma per Baskim Dobrushi, il 47enne operaio padre delle bambine, il tempo si è fermato in quel momento. «Nonostante siano passati 24 mesi - racconta -, non posso dimenticare: posso solo cercare di andare avanti».

Adesso il papà si trova a Kukës, una cittadina nel nord dell’Albania, suo Paese d’origine. È lì che i «miei tre tesori e luce dei miei occhi» sono seppelliti, ed è lì che lui vuole stare per celebrare la ricorrenza.Edlira Copa «Da tanto non tornavo a casa - spiega -. Ne abbiamo vista di sofferenza qui: quando nel 1996 è scoppiata la guerra del Kosovo abbiamo accolto per mesi una ventina di rifugiati, poiché siamo vicini al confine. Pensavo che non ci sarebbe stato nulla di più terribile di scappare dalle bombe e dai rastrellamenti, invece sopravvivere ai propri figli è ancora peggio: non dovrebbe mai succedere». L’unica consolazione, per lui, sono i numerosi attestati e gesti di vicinanza quotidiana. «I lecchesi sono generosi - sottolinea Baskim -: ho temuto che mi avrebbero dimenticato, invece continuano a ricordarsi di me e a sostenermi. Li ringrazio tutti, e soprattutto il sindaco Virginio Brivio: una persona splendida. Ringrazio anche i miei datori di lavori e i miei colleghi, che mi aiutano quando devo chiedere qualche permesso per tornare in Albania». Gli si riesce a strappare un sorriso solo quando parla della nipotina di appena due mesi: «Mio fratello, con cui vivo, l’ha chiamata come la mia piccolina: per me è un regalo bellissimo. Si assomigliano veramente: hanno gli stessi capelli, lo stesso sguardo, lo stesso atteggiamento. Quando la abbraccio è come se stringessi la mia Sidny».

Di sua moglie, ormai quasi ex dato che ha chiesto la separazione (che però stenta ad essere concessa per alcuni problemi burocratici), non sa più nulla né vuole saperne. «Per me non esiste più - dice Baskim -: non posso perdonarla». Adesso si trova a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, in quello che era un ospedale psichiatrico giudiziario. Dovrà trascorrervi in tutto 10 anni. Chi ha avuto modo di incontrarla riferisce che è sola: quasi nessuno si reca in visita da lei, e lei - dal canto suo - evita il più possibile i contatti. È sorvegliata quasi a vista: il timore è che possa compiere un gesto inconsulto, come già avvenuto quando era detenuta al Bassone di Como.