REDAZIONE LECCO

Fanghi tossici nei campi Cittadini e associazioni parti civili al processo

Alla sbarra 23 imputati per il colosso bresciano specializzato nel trattamento. Ministero dell’Ambiente e Regione invece non si sono presentati.

Fanghi tossici nei campi Cittadini e associazioni parti civili al processo

Due anni fa i carabinieri forestali avevano apposto i sigilli agli impianti di Calvisano, Quinzano d’Oglio e Calcinato, e da allora la Wte, colosso bresciano specializzato in fanghi fertilizzanti, è in amministrazione giudiziaria. La procura sospetta che tra il 2018 e il 2019 abbia sversato montagne di sostanze tossiche nei campi di mezzo nord Italia. E ieri per il titolare, Giuseppe Giustacchini, e altri 21 imputati (in tutto 15 persone fisiche, collaboratori e contoterzisti, e sette aziende, che rispondono a vario titolo di illecito trattamento di rifiuti, traffico degli stessi e getto pericolose di cose) è arrivato il momento dell’udienza preliminare. Al gup, Christian Colombo, è arrivata una raffica di richieste di costituzione di parte civile, dall’ente Provincia di Brescia a una serie di Comuni, tra cui Manerbio, Remedello, Dello, Offlaga, Bedizzole, Roccafranca, Calcinato, Lonato. E ancora, vogliono costituirsi contro la Wte due cittadini di Calcinato, marito e moglie, e vari comitati e associazioni ambientaliste. I grandi assenti nel procedimento, uno dei più importanti degli ultimi anni d’ambito ambientale, sono il Ministero e la Regione Lombardia, che non si sono fatti vivi. Eppure l’inchiesta, condotta prima dal pm Mauro Tenaglia e poi dal collega Teodoro Catananti, avrebbe individuato come area del presunto sversamento dei fanghi tossici tremila ettari di campagna in 78 Comuni tra Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. Videoriprese ad opera dei carbinieri forestali e intercettazioni avrebbero accertato lo spargimento di 150mila tonnellate di materiale contaminato da metalli pesanti e idrocarburi. "Chissà il bambino che mangia la pannocchia cresciuta sui fanghi", diceva al telefono, intercettato, uno dei dirigenti della Wte. Stando alla prospettazione accusatoria Wte ottenendo in cambio lauti compensi ritirava fanghi prodotti da vari impianti di depurazione delle acque reflue urbane e industriali. Scarti che l’azienda avrebbe dovuto igienizzare e trasformare in fertilizzante da distribuire appunto nei campi. Ma per gli inquirenti l’operazione non solo non veniva eseguita, ma la società addirittura avrebbe infarcito i rifiuti di altri veleni. Di acido solforico, per citarne uno, derivante da batterie usate. Il tutto classificando le scorie come regolarmente trattate. Beatrice Raspa