Trovava lavoro ai connazionali: posti da operaio con regolare contratto e uno stipendio garantito, grazie alla fiducia che si era guadagnato nella sua azienda, a cui garantiva manovalanza seria. Ma Rachid Chibani, marocchino cinquantenne di Mozzate, da ognuno di loro si faceva consegnare 120 euro al mese, per tutto il periodo di assunzione che avevano ottenuto grazie alla sua segnalazione. Un sistema che sarebbe proseguito da marzo 2012 a settembre 2019, quando alcuni operai lo avevano denunciato ai carabinieri, mandandolo ora a processo con l’accusa di estorsione continuata. Alla prima udienza, difeso dall’avvocato Rita Mallone, si sono costituiti parte civile 12 dei 18 operai sentiti durante le indagini, tutti assistiti dall’avvocato Rosella Pitrone, che già avevano confermato il sistema di pagamento a favore dell’imputato. Uno di loro ha raccontato al giudice di essersi presentato a casa di Chibani a Mozzate, consegnando 320 euro per tre mensilità di lavoro. Secondo le accuse l’uomo, impiegato come caposquadra, vantando un potere decisionale nella gestione degli operai, minacciava i connazionali assunti di farli licenziare se non gli avessero corrisposto la cifra mensile, che tutti hanno indicato in 120 euro. Paola Pioppi
CronacaFaceva la cresta sui contratti
Faceva la cresta sui contratti
Rachid Chibani, marocchino cinquantenne, è accusato di estorsione continuata per aver chiesto ai connazionali assunti grazie a lui una cifra mensile di 120 euro. 12 dei 18 operai si sono costituiti parte civile.
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