Andrea Morleo
Cronaca

Emergenza coronavirus, la famiglia Frigerio lotta in “prima linea“

Daniele e Chiara, infermieri alle prese con l’epidemia coronavirus tra turni massacranti e i tre bimbi ancora piccoli da crescere

La famiglia Frigerio

Lecco, 13 marzo 2020 - Turni massacranti che arrivano anche a quattordici ore filate. E poi si stacca, si torna a casa stravolti con l’unico desiderio di silenzio e riposo. Ma ci sono Giulia, Lucia e Pietro, sei, tre e due anni che aspettano mamma e papà di ritorno dalla guerra. E come tutti i bimbi della loro età esigono attenzioni ma vogliono anche sapere cosa sta succedendo, perché hanno capito che qualcosa di strano c’è nell’aria. "Ormai sono informatissimi su tutto quello che sta succedendo, sanno come comportarsi, quello che si deve fare e quello che non si può", ci racconta Chiara Frigerio, coordinatore infermieristico nel dipartimento cardiovascolare Asst di Lecco.

Chiara e suo marito Daniele Mattana, infermiere di Areu Lombardia al 118 di Lecco, sono due genitori in trincea all’epoca della battaglia al coronavirus e la loro una famiglia è in prima linea. "Sono dei soldatini: si alzano alle sei con noi quando suona la sveglia e si adeguano a questa pesante routine". Una routine che sconvolge anche le più consolidate abitudini. "Ho dovuto tagliarmi la barba per poter indossare le mascherine speciali correttamente e Pietro quasi non mi riconosceva più", spiega Daniele. Una routine che ti devasta perché "esci di casa e non sai cosa ti aspetta: per questo giriamo con una valigetta con due cambi, una salvietta e qualche alimento di prima necessità in caso di emergenza", spiega Daniele che lavora sull’automedica a supporto della provincia di Bergamo, la più colopita della Lombardia e dove la situazione è davvero molto critica.

«L’altro giorno ci è capitato di soccorrere un uomo che aveva sessanta di percentuale di saturazione nel sangue quando normalmente siamo sui 98-100. Gli abbiamo attaccato l’ossigeno e ancora faceva fatica a respirare: negli occhi della moglie ho visto la paura che potesse non farcela. Devastante". I posti letto sono ormai esauriti in quasi tutti gli ospedali della provincia. "Abbiamo prelevato un contagiato che abita di fianco allo stadio di Bergamo, lo abbiamo prima trasportato all’ospedale di Sarnico e poi a Brescia perché non c’erano più letti in rianimazione e infine è finito a Merate. La situazione è davvero critica e quello che ci preoccupa è che fino a pochi giorni fa all’esterno tutta gravità non fosse percepita". «Rabbrividisco se penso alle immagini delle code sugli impianti da sci della scorsa settimana. Una superficialità e uno scarso senso civico che a noi ha fatto ancora più male", dice Chiara che invece deve fare i conti con l’emergenza all’ospedale Manzoni. "Il mio reparto è stato chiuso per metà per offrire posti letto ai contagiati e tutto il secondo piano dell’ospedale, tranne il reparto di oncologia, è dedicato al coronavirus".

Anche gli organici sono stati dirottati per fronteggiare la pandemia “solo che di norma c’è un infermiere ogni quindici degenti mentre ce ne vuole uno ogni sei-sette contagiati che sono più a rischio". Intanto il contagio si sta diffondendo anche tra gli stessi operatori e non poteva essere altrimenti. "Tutti, infermieri e Oss, hanno reagito con spirito di abnegazione e spirito di servizio ma purtroppo anche qualche infermiere si sta ammalando. Io stessa sono stata a contatto con una collega risultata positiva e quindi giro con la mascherina anche in casa e vivo in pratica da reclusa: dormo in una stanza da sola, non posso avere contatti fisici con i bimbi e mio marito, cosa che aumenta il senso di isolamento in famiglia".

La solidarietà di tutti però aiuta a resistere, un salvagente prezioso. "I miei genitori mi stanno dando una mano fondamentale nella gestione dei bambini mentre gli amici ci inondano di messaggi di affetto e conforto a ogni ora della giornata, e si fanno in quattro per darci una mano sul fronte logistico. Mia cugina, ad esempio, si è offerta di farmi la spesa, salvo comprarmi le pere che non mi piacciono. Incidenti di percorso". I piccoli riti in famiglia resistono. "I nostri bimbi vanno a nanna tutte le sere alle 20 non senza aver detto l’Ave Maria, a volte anche in video chiamata se uno dei due è di turno. Il bacio della buona è fatto sulla mano e senza contatto ma simbolicamente lanciato a ognuno di noi che lo acchiappa al volo". Perché quello che non deve mancare è l’affetto e la speranza che alla fine la battaglia sarà vinta. Ma solo tutti insieme.