GABRIELE MORONI
Cronaca

Eluana Englaro, la condanna dell’ex dg. Papà Beppino: “Mia figlia ha costretto la società a cambiare”

L’ex manager della Lombardia Carlo Lucchina, che impedì lo stop all’alimentazione della ragazza, dovrà versare 175mila euro alla Regione. Eluana morì nel 2009 a 39 anni, 17 dei quali trascorsi in stato vegetativo

Beppino Englaro con una foto della figlia Eluana e, a destra, la giovane morta nel 2009

Beppino Englaro con una foto della figlia Eluana e, a destra, la giovane morta nel 2009

Lecco, 4 giugno 2024 – A più di 15 anni dalla morte di Eluana Englaro, avvenuta il 9 febbraio nel 2009 a 39 anni, 17 dei quali trascorsi in stato vegetativo irreversibile dopo un gravissimo incidente stradale, la Corte dei Conti ha condannato in appello l’ex direttore generale della Sanità della Lombardia Carlo Lucchina a pagare all’erario circa 175mila euro che la Regione aveva dovuto risarcire al padre, Beppino Englaro, che era stato costretto a trasferire la figlia in una struttura sanitaria in Friuli dove morì.

Fu una "concezione personale ed etica del diritto alla salute”, scrive la Corte dei Conti, a spingere Lucchina a impedire che ad Eluana fosse interrotto il trattamento che la manteneva in stato vegetativo. Nel 2008, l’anno prima della morte di Eluana, suo padre si era visto negare la possibilità di interrompere l’alimentazione artificiale che teneva in vita la figlia dal dg Lucchina, nonostante nel 2007 la Cassazione avesse stabilito che ciascun individuo può rifiutare le cure alle quali è sottoposto se le ritiene insostenibili e degradanti, e nel 2008 la Corte d’appello di Milano aveva autorizzato l’interruzione del trattamento.

Quando Englaro, in qualità di tutore, chiese la sospensione dell’alimentazione per la figlia, il dg firmò una nota di diniego. Englaro si rivolse al Tar che accolse la sua richiesta, ma la Regione non diede corso alla sentenza e un mese dopo Eluana morì in una struttura di Udine.

"Sono passati 15 anni e ancora non c’è una legge che regoli il fine vita”, così il capogruppo Pd in Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino. Il senatore Raoul Russo (FdI), della Commissione Sanità al Senato, attacca i giudici: "La condanna è un fatto di una gravità inaudita. Sembra quasi che per i magistrati amministrativi sia doveroso uccidere disabili per garantire il bilancio della sanità. La Corte dei Conti chiede di non curare i malati gravi”.

Beppino Englaro, ora anche la giustizia amministrativa le dà ragione.

"Non dà ragione a me. Io giustizia l’ho avuta da tempo. Questo perché mi sono mosso sempre e soltanto nell’ambito della più assoluta legalità. Nel 2007 la Cassazione mi ha dato ragione, riconoscendo a ciascun individuo il diritto di rifiutare le cure. Nel 2008 la Corte d’appello di Milano, con la sentenza stesa dal giudice Lamanna, ha autorizzato che a Eluana venisse sospeso il trattamento di alimentazione artificiale e di idratazione. A questo punto mi sono mosso per trovare una struttura sanitaria adeguata ad attuare quanto autorizzato dai giudici. La Regione ha fatto ricorso al Tar. Per il Tar era tutto regolare. La Regione ha negato la struttura. Io ho sempre agito nella legalità. Loro hanno fatto di tutto per contrastare una sentenza. E hanno sbagliato. La Regione mi ha già rimborsato. Adesso è una questione interna loro".

La sua odissea è coincisa con la stagione politica di Roberto Formigoni, governatore della Lombardia.

"Credo, da laico, che nel comportamento tenuto da Formigoni entrassero anche argomenti di carattere religioso sulla sacralità della vita e per questo abbia voluto ostacolare quello che mi era stato riconosciuto dalla magistratura. Formigoni e Lucchina, comunque, erano un tutt’uno. Così hanno fatto tutto loro. Adesso anche questo nodo è venuto al pettine. Come ripeto, io ho agito in un ambito di legalità e all’interno della società. Loro no. All’epoca Formigoni aveva un potere enorme. Quello che diceva era Vangelo in Regione. Ma dall’altra parte c’era il diritto di Eluana, c’erano dei diritti fondamentali".

E l’immagine della sanità lombarda come modello di efficienza?

"Nel caso di Eluana è stato tutto fuorché questo. La Regione mi ha offerto le migliori cure, le migliori terapie. Non mi interessava, anche a rischio che mia moglie e io passassimo per genitori snaturati che volevano la morte della loro unica figlia. Eluana aveva un preciso desiderio e lo aveva manifestato: mai avrebbe accettato di vivere in uno stato vegetativo permanente. Considerava questa condizione anche peggiore della morte. Era in possesso di tutte le sue facoltà intellettuali quando aveva espresso questa volontà, una volontà che doveva essere rispettata".

Sono passati più di 15 anni da quel 9 febbraio 2009, quando Eluana ha preso congedo dalla vita.

"Sono stati fatti passi da gigante. Ci sono le sentenze. Soprattutto c’è la legge 219 del 2017 che ha affermato il principio dell’autodeterminazione dell’individuo attraverso le Dat, le disposizioni anticipate di trattamento date dalla persona nel caso che un giorno si venisse a trovare nella condizione di non poter manifestare la propria volontà. Questo grazie a mia figlia. Eluana ha ‘costretto’ la legge e anche la società a cambiare. Ha fatto sì che venisse affermato un diritto fondamentale costituzionale. Oggi l’Eluana di turno ha tutti gli strumenti per non farsi intrappolare com’è stato per mia figlia".

A Englaro padre e persona, cosa è rimasto?

"Ho dovuto combattere a lungo. Ne sono uscito distrutto. Per i primi quattro anni mia moglie e io siamo stati soli. Ero un randagio che ululava alla luna. Di una cosa sono certo: rifarei tutto quello che ho fatto. Non potevo non farlo. Ho avuto il privilegio di avere come figlia una creatura che aveva le idee chiarissime riguardo alla sua vita".