REDAZIONE LECCO

Cento candeline per la Penna nera Gaetano Casirai

"È un miracolo essere ancora qui. Durante la lunga marcia. il pensiero fisso era non morire"

Cento candeline sulla torta di Gaetano Casiraghi, uno degli ultimi reduci della Seconda guerra mondiale e della Campagna di Russia. Durante questo secolo è sopravvissuto a due conflitti, alla ritirata a piedi dal fronte del Don, alle lotte sindacali e di piazza dell’autunno caldo e ora alla pandemia.

"È un miracolo che io sia ancora qui", ammette la Penna nera, uno dei pochi testimoni ancora viventi dei tragici eventi sul fronte Orientale tra il 1941 e il 1943, la disfatta dei soldati italiani e tedeschi e la lunga marcia a piedi per tornare a casa. "L’unica ossessione era quella di restare vivi, il solo pensiero fisso era di non morire, resistere, lottare in tutti i modi e sopravvivere insieme ai propri compagni superstiti che erano come i fratelli di una seconda famiglia – racconta il neo centenario – Anche chi non credeva in Dio pregava e si segnava la fronte, le spalle e il petto con il segno della Croce per supplicare di tornare a casa e abbracciare di nuovo i propri cari. Purtroppo non per tutti i miei fratelli è stato così, tanti non ce l’hanno fatta – aggiunge con lo sguardo che d’improvviso diventa cupo – Mi chiedo spesso perché io sì e non altri...".

Una volta messi a tacere i rombi di cannone e sopiti i venti di guerra, tornato in patria Gaetano Casiraghi ha trovato lavoro nello stabilimento della Vismara a Casatenovo, lo storico salumificio dov’è rimasto fino alla pensione. Per porgergli di persona gli auguri a nome di tutti i cittadini mercoledì è andato a trovarli a Ossola, frazione del paese, dove abita in via Montello, il sindaco Bruno Crippa con tanto di fascia tricolore e un attestato in regalo. Il centenario lo ha accolto con in testa il suo preziosissimo e inseparabile cappello con la penna nera. "Una memoria storica, si ricorda tutto – riferisce Crippa – La sua è una storia incredibile, come Centomila gavette di ghiaccio. Ha percorso centinaia e centinaia di chilometri a piedi, 20 o 30 al giorno, con le scarpe rotte e anche senza, nella neve, a 30 o 40 gradi sotto zero".