Calolziocorte (Lecco), 6 giugno 2019 - Dal Viminale non hanno alcuna intenzione di cancellare le zone rosse anti-migranti di Calolziocorte. A difendere il borgomastro Marco Ghezzi, che ha tracciato sulla mappa della città delle red-zone vicino a scuole, stazione e oratorio dove i richiedenti asilo non possono alloggiare, non è il ministro dell’Interno leghista Matteo Salvini, ma il suo sottosegretario pentastellato Carlo Sibilia, intervenuto in aula a Montecitorio in risposta ad una interrogazione parlamentare del deputato dem lecchese Gian Mario Fragomeli, che ha chiesto un intervento diretto del vicepremier del Carrocio per cassare il regolamento calolzioese, nel frattempo sospeso. «Dall’Amministrazione comunale è stato riferito che nell’ambito di un piano di governo del territorio si è ritenuto di orientare le scelte relative all’istituzione delle strutture di accoglienza verso le zone ritenute più idonee a favorire l’integrazione degli ospiti - spiega il viceministro -. È stato precisato che sarebbero state individuate aree sensibili di rispetto in corrispondenza di zone già interessate da particolari criticità allo scopo di ridurre il possibile sviluppo di tensioni. Il sindaco ha inoltre fatto presente che l’obiettivo del regolamento non sarebbe affatto quello di creare improponibili e inaccettabili forme di segregazione».
Di una possibile revisione o modifica del regolamento sulla zone rosse quindi se ne occuperanno solo i componenti del tavolo tecnico e di confronto che è stato costituito a Calolzio, ma che ad oggi, dopo il «congelamento» del piano, non si sono mai riuniti. «E’ il regolamento della «propaganda» che prevede la divisione del paese in zone rosse, dove non è possibile attrezzare centri di accoglienza per richiedenti asilo ritenuti fonte di pericolosità sociale, e in zone blu, dove bisogna ottenere un permesso preventivo – replica tuttavia l’onorevole democratico – E’ assurdo. A Calolziocorte, un paese di nemmeno 15mila abitanti, i migranti richiedenti asilo sono solo 18, lo 0,1% dei residenti. Questa «orda» è composta da 7 ragazzi maggiorenni con regolare contratto di lavoro, da un nucleo familiare di mamma, papà e un figlio piccolo e da 4 mamme con altrettanti bimbi da zero a tre anni. E’ evidente che non vi sia alcun tipo di emergenza o di pericolosità sociale nell’accoglienza e nell’integrazione».