Angeli e demoni Condanna confermata

LOMAZZO (Como)

Confermata e resa definitiva la condanna di Laura Taroni a trent’anni di reclusione per l’omicidio del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici. è racchiusa in ventidue pagine, redatte dal consigliere estensore Luca Pistorelli, la motivazione della motivazione della sentenza pronunciata dalla quinta sezione penale della Cassazione. Entrambi i decessi, secondo l’accusa portata avanti nei tre gradi di giudizio, sarebbero stati provocati con un combinato letale di farmaci. Movente l’odio per il marito, ostacolo ormai ingombrante alla relazione della donna con Leonardo Cazzaniga, all’epoca aiuto primario del pronto soccorso del presidio ospedaliero di Saronno, lo stesso reparto dove la Taroni prestava servizio come infermiera. Quella nei confronti della madre era invece un’avversione antica, riacutizzata dall’aperta ostilità manifestata da Maria Rita Clerici alla relazione della figlia con Cazzaniga. Il ricorso dei difensori, Monica Alberti e Cataldo Intrieri, era articolato in otto motivi. Era stato eccepito che, nel corso dell’esame davanti alla Corte d’Assise d’appello di Milano, sarebbe stato impedito alla difesa il controesame del perito psichiatra. Sul punto la Cassazione osserva che la metodologia seguita per la perizia era stata discussa con i consulenti della difesa, senza che questi ultimi sollevassero obiezioni. Per la morte di Maria Rita Clerici, il medico Cazzaniga è stato assolto dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio per non avere commesso il fatto, mentre alla sua ex compagna è toccata una condanna. Per la Cassazione questo è avvenuto non per una diversa ricostruzione dell’episodio, ma perché è stata diversa la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni di Laura Taroni, auto ed etero accusatorie. Il fatto che per l’omicidio della Clerici, nel giudizio di secondo grado davanti alla Corte d’Assise d’appello di Milano, fosse caduta l’aggravante della premeditazione, per i difensori avrebbe dovuto comportare una rimodulazione della pena. Gli "ermellini" romani non hanno concordato nemmeno su questo punto.Gabriele Moroni