Airuno, il biglietto del professore: "Scusate se invecchio"

Carlo Gilardi, una vita tra i libri, scrive ai suoi concittadini. "Ho 89 anni, chiedo perdono per ogni eventuale mancanza"

Carlo Gilardi accanto al biglietto scritto per i suoi concittadini

Carlo Gilardi accanto al biglietto scritto per i suoi concittadini

Airuno (Lecco), 17 gennaio 2020 - Una lettera di scuse pubbliche perché sta invecchiando e perché sostiene di essere diventato inaffidabile e inutile. Potrebbe essere il prologo di un film di Paolo Sorrentino, oppure l’incipit di un libro alla Louis-Ferdinand Céline come "Viaggio al termine della notte". Ma quella del professor Carlo Gilardi di Airuno, 89 anni compiuti il 4 dicembre, non è la sceneggiatura di una ripresa cinematografica in dissolvenza, né la prefazione di un romanzo.

È una missiva indirizzata ai suoi "cari concittadini", stilata tra la notte e l’alba del primo giorno del 2020, che ha affisso sul cancello di casa, proprio dall’altra parte della strada del municipio, dove vive come un asceta, circondato solo dai sui libri, dalle galline e dai conigli che alleva esclusivamente per affetto perché è vegetariano e non farebbe mai male nemmeno a una bestia e dove accoglie quanti hanno bisogno di ospitalità. "È mio dovere morale avvertire che ormai, data l’età e che sono in cammino verso i 90, il mio stato psico-fisico va sempre più degradandosi e pertanto non sono più una persona affidabile, ammesso e non concesso che lo fossi in passato – si legge nella lettera vergata in bella calligrafia -. Il mio udito si è affievolito, la vista è carente, la schiena curva, la memoria subisce dimenticanze, la voglia di lavorare è ridotta, il passo rallentato, la scrittura si abbruttisce e molti altri difetti mi sono quotidiani. Chiedo perciò scusa per ogni mia eventuale mancanza e la vostra gentile comprensione oltre che il necessario perdono. Sono diventato un essere inutile e aspetto solo il felice giorno del mio trapasso".

In realtà il professor Carlo Gilardi, "solo Carlo per favore" come chiede lui, ex insegnante di Estimo e di Ragioneria, in pensione dal 1987 per "lasciare posto ai più giovani che hanno bisogno di lavorare", spiega, non sembra né vecchio, né inaffidabile, né tanto meno inutile. Gira in sella alla sua bicicletta, quando vede una cartaccia per terra si ferma a raccoglierla, dedica molte ore ai ragazzi meno dotati o stranieri che necessitano di ripetizioni gratuite e nel 2017 ha donato sia un defibrillatore semiautomatico sia un’area di 2.300 metri quadrati per allestire un parco pubblico, e chissà quante altre opere di bene che tiene per sè. Parla inoltre il latino, il francese, tedesco, spagnolo, portoghese, croato e lo svedese. Varcare la soglia della sua casa è come oltrepassare l’uscio di una cella di un convento. "Mi ispiro a San Francesco che era considerato un folle, forse un poco come me – racconta scherzando ma non del tutto, quasi a giustificarsi delle stanze e degli arredi spartani e dell’apparente disordine che gli permette di tenere tutto ciò che gli serve a portata di mano -. Mi accontento di poco, mi basta soddisfare i bisogni della mia anima, per il resto mi gratifico di rendermi disponibile verso gli altri".

"Purtroppo sono vecchio e temo di non essere più utile – prosegue serio, prima di tornare a sorridere asciugandosi una lacrima che gli solca la guancia sinistra poiché l’occhio destro è cieco -. Per questo ho scritto ai miei cari concittadini, per scusarmi e chiedere di sopportarmi fino a quando il buon Dio non mi concederà la grazia di chiamarmi a sé. Vorrei succeda presto, ma mi affido a lui". "Che cosa ti piace di più veramente nella vita?", si chiede il protagonista de "La grande bellezza" citando un passaggio del "Viaggio al termine della notte". "L’odore delle case dei vecchi... Ero destinato alla sensibilità", si risponde da solo. Come la casa del professor Carlo Giladri, "solo Carlo" insiste lui, che continua a profumare di sensibilità, anche sul cammino verso i 90.