C'è chi viaggia su un vagone della M3 con un topo in spalla, chi portandosi al seguito cani dalle dimensioni non proprio rassicuranti. C'è il trentenne di origini ghanesi, che prima aggredisce due ragazze alla fermata del tram e poi sale tranquillamente sul 14. Che esperienza sia viaggiare sulla circolare filoviaria della 90-91, soprattutto alla sera, non c'è bisogno di descriverla ai milanesi. Idem per i treni e le stazioni del passante, dove di tanto in tanto un controllore viene aggredito quando "osa" chiedere il biglietto a uno degli innumerevoli viaggiatori a sbafo. Di borseggiatrici e borseggiatori sappiamo, altrimenti l'Atm non sarebbe arrivata al punto di diffondere messaggi sonori invitando a fare attenzione. Mentre il salto del tornello, sempre più diffuso, entrerà come disciplina olimpica a Los Angeles nel 2028, mancato l'appuntamento con Parigi. Insomma, i mezzi pubblici a Milano danno sempre più la percezione sconfortante di essere un ventre molle rifugio di sbandati, piccoli delinquenti, squilibrati. Insicuri soprattutto in certe fasce orarie. La situazione complessiva non sarà grave, è vero, ma non va nemmeno sottovalutata. E lasciare correre, pensando che si tratti di pochi casi isolati, rischia solo di consolidare nei milanesi il sentimento che ormai serpeggia, e cioè che spostarsi in auto diventerà l'opzione preferibile per la propria incolumità. Con buona pace di tutti gli inviti a lasciare la macchina nel garage per non inquinare.
Editoriale e CommentoIl ventre molle di Milano