La "prospettiva di un miglioramento economico" non è in cima alla lista delle motivazioni che portano i lombardi a rassegnare le dimissioni. La prima spinta, per il 36% dei lavoratori, anche tra i più giovani, "è l’eccessivo "stress lavoro-correlato", seguito da un clima aziendale negativo e relazioni deteriorate con capi e colleghi (34,9%). Il fattore busta paga è solo al terzo posto (29,5%), poi arriva la "necessità di maggior conciliazione vita-lavoro" e lo smart working. Al quinto posto la "ricerca di un lavoro più stimolante e interessante". Il 39,5% dei lavoratori lombardi, inoltre, ha presentato le dimissioni volontarie senza avere neanche il paracadute di un nuovo impiego, facendo un "salto nel vuoto". Una fotografia scattata da una ricerca della Cisl Lombardia e Bibliolavoro, che ha consegnato un questionario ai 17mila lavoratori (età media 43 anni, il 52,4% di sesso femminile) che dal post Covid ad oggi si sono rivolti agli sportelli del sindacato per le pratiche burocratiche legate alle dimissioni.
Sono state raccolte 2.248 risposte, di cui 1.640 complete, che danno uno spaccato delle motivazioni alla base del fenomeno. In Lombardia si sono registrate in tutto 420mila dimissioni volontarie nel 2021, quando è saltato il “tappo“ di scelte congelate durante la pandemia. Sono salite a circa 566mila nel 2022, su 2,2 milioni a livello nazionale. Movimenti che hanno riguardato circa il 12% degli occupati in Lombardia. Il 75,6% aveva un contratto a tempo indeterminato: ha lasciato, quindi, l’ambito posto fisso.
"Numeri che rappresentano un
campanello d’allarm e – spiega Enzo Mesagna, segretario della Cisl Lombardia – e la contrattazione diventa il naturale approdo di queste istanze". In Lombardia solo il 64,5% delle persone aveva trovato un nuovo posto al momento della compilazione del questionario, con transizioni da un settore all’altro che hanno riguardato soprattutto commercio, turismo e ristorazione. Il 4,8% si è dimesso per aprire una partita Iva e lavorare come libero professionista. Quasi l’1% ha tentato la strada dell’imprenditoria.La maggior parte delle persone che avevano un contratto a tempo indeterminato e hanno trovato un nuovo impiego sono ripartite da contratti a termine. Sono indicative del clima anche le risposte sui "fattori che rendono un posto di lavoro attrattivo e soddisfacente". Al primo posto il clima aziendale (65,1%), seguito da remunerazione (55,7%) ed equilibrio lavoro-tempo libero (52,3%). "Chiediamo a rappresentanti delle istituzioni, università e mondo delle imprese – spiega il segretario generale della Cisl Lombardia, Ugo Duci – di aiutarci ad approfondire quanto sta avvenendo". Secondo Giorgio Graziani, segretario confederale della Cisl nazionale, "questa dinamica non esprime solo disagio ma le esigenze di un mondo del lavoro che cambia. Noi abbiamo il dovere di interpretare questi bisogni e declinarli sul piano contrattuale".