GIAMBATTISTA ANASTASIO
Economia

Data Center, in Lombardia è assalto con 150 domande: il 63% del totale nazionale

L’assessore Sertori: “Impossibile accoglierle tutte, dovremmo produrre 18 GigaWatt di energia. Già avviati colloqui col ministro Pichetto Fratin e con la Città Metropolitana per un regolamento” L’hinterland di Milano è l’area più ricercata A seguire il Pavese e la Bergamasca

Jérome Totel, direttore Strategia e Innovazione della società francese Data4, durante la presentazione del progetto del nuovo Data Center della medesima società a Cornaredo e Settimo Milanese, nell’area metropolitana milanese

Jérome Totel, direttore Strategia e Innovazione della società francese Data4, durante la presentazione del progetto del nuovo Data Center della medesima società a Cornaredo e Settimo Milanese, nell’area metropolitana milanese

Pacifico, per carità. Ma pur sempre di assalto si tratta. E a dirlo sono i numeri. In Lombardia sono state presentate circa 150 richieste di autorizzazione all’apertura di Data Center, vale a dire capannoni dentro ai quali la fanno da padroni computer, software e cavi e nei quali si conservano, elaborano, ricevono e trasmettono dati: i gangli della rete informatica nazionale, non solo e non tanto regionale. Un numero – quelle 150 autorizzazioni – che da solo vale il 63% delle richieste di autorizzazione presentate in tutta Italia. A sottolinearlo è Massimo Sertori, assessore regionale con delega alle Risorse Energetiche oltre che agli Enti Locali e alla Montagna.

Detto altrimenti: in 6 casi su 10 la scelta per l’apertura di un Data Center ricade sulla Lombardia. E tra le province lombarde è quella di Milano ad attrarre il maggior numero di investimenti e di progetti. Già oggi sono presenti Data Center a Noviglio, Liscate, Vignate, Cornaredo e Settala: tutti Comuni dell’area metropolitana milanese. Senza contare quello che è stato il primo stabilimento di questo comparto, quello di Supernap, oggi Stack Emea, che nel 2015 si installò a Siziano, in provincia di Pavia ma di fatto immediatamente a ridosso della Città metropolitana di Milano. Capoluogo a parte, ecco il Data Center di Eni a Sannazzarro de’ Burgondi (Pavia) o quello di Aruba a Ponte San Pietro (Bergamo).

Già nel 2020 Amazon Web Services annunciò di voler trasformare proprio la Lombardia nella prima “Regione cloud” italiana nell’ambito di un piano di investimenti da 2 miliardi di euro da portare a termine entro il 2029. Altri colossi – Google e Microsoft in testa – hanno dirottato sulla Lombardia progetti di espansione sostenuti da massicci investimenti. Insomma: il fenomeno non è nuovo, ma adesso il volume delle richieste protocollata in Lombardia si è fatto tale da rendere necessaria l’adozione di regole e di una strategia.

“Mi sono confrontato con il ministro all’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e abbiamo raggiunto un’intesa politica che ora dovrà tradursi in un provvedimento legislativo – fa sapere Sertori –. E allo stesso modo sto lavorando con la Città Metropolitana di Milano”. Due fronti di confronto distinti ma non distanti. L’obiettivo è lo stesso in entrambi i casi: evitare che l’avvento o l’assalto dei Data Center si traduca in un danno per la Lombardia e i suoi Comuni, spesso soli di fronte a colossi e multinazionali dell’economia digitale. Il loro insediamento comporta consumo di suolo e ricadute sul paesaggio e sull’ambiente. Ma il primo problema è un altro.

“Se tutte le richieste presentate dovessero essere autorizzate avremmo bisogno di produrre dai 14 ai 18 GigaWatt di energia, considerato che i Data Center funzionano 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 e, inoltre, necessitano di impianti di raffreddamento. Si tratta di un volume di energia enorme, quindi è impensabile dar seguito a tutte le richieste avanzate. ll punto – spiega Sertori – è anche, se non principalmente, economico. Dal primo gennaio di quest’anno si è passati dal prezzo unico nazionale al prezzo zonale. E quest’ultimo viene determinato in base a due criteri da contemperare: la percentuale di energia rinnovabile prodotta a livello locale e il fabbisogno di energia richiesto a livello locale. Entrambi i criteri sono stati introdotti per favorire la decarbonizzazione e il risparmio energetico, quindi il prezzo zonale diminuisce all’aumentare della percentuale di energia prodotta attraverso le rinnovabili e aumenta all’aumentare dei consumi. Regione Lombardia ha appena approvato in Giunta un progetto di legge per disciplinare l’installazione di impianti foto e agrovoltaici – ricorda l’assessore – ponendosi l’obiettivo di arrivare ad una capacità di 12 GigaWatt entro il 2030. Ma dal punto di vista dell’ammontare del prezzo zonale, questa operazione potrebbe venire vanificata da consumi energetici eccessivi dovuti proprio alla presenza di tanti, troppi, Data Center, che sono attività altamente energivore. Per questo non è possibile dare il via libera a tutte le richieste di autorizzazione presentate”.

E per questo Sertori è in contatto col ministro e con la Città Metropolitana: “Pichetto Fratin ha condiviso un punto: questi centri forniscono dati per tutti, non solo per la Lombardia. Da questo punto di vista l’energia da loro consumata va a vantaggio di tutti, non solo della rete informatica lombarda. Da qui la necessità di ripensare il prezzo unico zonale, che al contrario, così com’è oggi, scarica i costi solo sulle Regioni, ingiustamente. Con la Città Metropolitana stiamo invece lavorando ad un regolamento per l’insediamento dei Data Center”.