Milano, 4 aprile 2016 - UN ATTO DADAISTA dice l’assessore-donna che ha imbrattato a Milano un’auto in divieto di sosta mentre stava pulendo con i volontari una scuola: sicura che quel gesto non si chiami in maniera diversa? Un atto responsabile dicono della ministra che si è dimessa mentre parlava al telefono con il compagno di cose di cui non doveva parlare: non era invece un atto dovuto? Il premier Renzi si esibisce in un’altra lode sperticata per l’amico Marchionne e dice che “per l’Italia ha fatto più lui che certi sindacati”: può essere, ma intanto lui paga le tasse in Svizzera perché è lì che ha la residenza e anche la Fca (ex Fiat) le paga all’estero. I sindacati, in particolare la Cgil, dicono che bisogna rilanciare gli investimenti pubblici: d’accordo, ma con quali risorse se gli stessi sindacati bloccano la riduzione della spesa corrente? I politici vogliono mettere un freno alle intercettazioni telefoniche per nascondere certi loro affari poco puliti e tirano in ballo la privacy: che dire allora della privacy degli italiani che da aprile hanno i loro conti correnti bancari e postali controllati dall’Agenzie delle entrate per la meritevole lotta all’evasione fiscale che, non si sa perché, non è ancora stata stroncata nonostante le tante armi che ha il Fisco, dal redditometro alla fatturazione elettronica sino ai limiti nell’uso dei contanti? Ognuno, come si vede, tira sempre la coperta dalla propria parte.
COSÌ COME ORA il governo fa finta di meravigliarsi della frenata dell’occupazione che mette una zeppa fastidiosa nella più importante riforma renziana, quel Jobs Act che funziona solo se c’è un po’ di crescita; ma una volta esaurita la fase di convenienza, le imprese si guardano bene dall’assumere e dal produrre di più se non ci sono prospettive di crescita. E la crescita non piove dal cielo. Diciamo quindi che è stato un errore di Renzi. Come lo è stato avere perso l’opportunità di rimettere in ordine i conti nel periodo in cui tutti gli indicatori economici erano favorevoli. Ora siamo di nuovo impantanati. Padoan scambia colpi di fioretto con i burocrati di Bruxelles per avere qualche decimale di deficit in più e regalarci una strategia di ripresa lenta, spostando il carico fiscale dall’Irpef all’Iva con il conseguente aumento dei prezzi e rinviando il grosso dei problemi al 2017. La chiama la strategia di ripresa lenta e non traumatica. Le cartucce di Renzi sono in esaurimento.