Oltre il Black Friday: i problemi del pianeta non si risolvono spegnendo i consumi

Al centro del mirino ci sono le emissioni (386.000 tonnellate di CO2 stimate), il presunto danno alle piccole attività, sprechi e consumi in eccesso

Quello di quest'anno è stato un Black Friday particolarmente controverso

Quello di quest'anno è stato un Black Friday particolarmente controverso

Lo ricorderemo come il Black Friday più polemico di sempre: dai messaggi di Beppe Grillo che ci dice “vivere con meno cambierebbe il nostro pianeta”, allo sciopero annunciato dei lavoratori Amazon ma poi bloccato in extremis, fino alle decine di iniziative “anti-Black Friday” tra serrande chiuse, proteste in piazza e hub della logistica bloccati dagli attivisti - estremisti di gruppi come Extinction Rebellion. La polemica anti-Black Friday non ha risparmiato la politica e il mondo della cultura: al centro del mirino ci sono le emissioni (386.000 tonnellate di CO2 stimate), il presunto danno alle piccole attività, sprechi e consumi in eccesso.

C’è un concetto di base nel campo dell’economia, che è quello dell’esternalità, ovvero le conseguenze dirette ed indirette di un’attività economica. Una fabbrica di vernici, crea lavoro e valore per investitori e consumatori, ma potrebbe inquinare: quelle sono le sue esternalità. Le esternalità difficilmente possono essere cancellate: l’azione del legislatore è normalmente volta a ridurle, disincentivare (ad esempio con una tassa), ma tutte queste azioni devono tenere conto dell’equilibrio tra l’interesse imprenditoriale, i cui benefici ricadono sulla collettività, e il costo effettivo dell’esternalità.

Dietro ad ogni acquisto “immorale” (come vennero definiti dal Ministro Luigi Di Maio gli acquisti “proibiti” dal Reddito di Cittadinanza) c’è la vita di aziende, persone, famiglie. In una fase storica in cui le aziende stanno adottando, finalmente, modelli di sostenibilità sociale ed ambientale, chiedere di “consumare meno” non solo è irrealistico, ma è anche inefficiente. Più aumenta il benessere della popolazione, più opportunità possono esistere per investire in cause “secondarie” oltre l’appagamento dei bisogni primari che - in ogni caso- dovrebbero essere responsabilità dello Stato.

Smettere di acquistare, del tutto, beni o servizi è una ricetta perfetta per creare un’apocalisse economica. Orientare il dibattito pubblico affinché aziende e politica si occupino dell’ambiente e delle persone, è invece una ricetta perfetta per far evolvere i nostri sistemi di consumo e di industria in un’ottica di nuovo capitalismo (qualcuno lo ha definito “coscienzioso”, come il fondatore di Whole Foods, John Mackey), che integri considerazioni valoriali all’interno dei processi industriali. L’uomo commercia da migliaia di anni, il commercio è ciò che ha permesso di limitare le guerre nello scorso secolo, di aumentare le interazioni tra popoli e di far progredire l’avanzamento tecnologico. Fermare il mercato non è possibile, cambiarlo, forse sì.