Andrea Spinelli
Cultura e Spettacoli

Nomadi, 60 anni di successi: “Siamo la band più longeva al mondo dopo i Rolling Stones, ci manca solo di incontrare il Papa”

Il grippo in concerto al Teatro Donizetti di Bergamo e venerdì a Milano. Beppe Carletti: “Cantiamo ancora canzoni sulla guerra: Auschwitz di Guccini sembra scritta ieri perché la bestia umana è rimasta tale”

Tour invernale per i Nomadi che suonano al Donizetti di Bergamo e venerdì al Dal Verme di Milano

Tour invernale per i Nomadi che suonano al Donizetti di Bergamo e venerdì al Dal Verme di Milano

“Così gli ho detto: ‘Sa Presidente che siamo il secondo gruppo più longevo al mondo, dopo i Rolling Stones… e stiamo aspettando che smettano per diventare il primo?’” racconta divertito Beppe Carletti, nell’attesa di salire stasera sul palco del Donizetti di Bergamo, ricordando l’incontro più importante avuto dai Nomadi in 60 anni di carriera. Immaginabile lo stupore dell’interlocutore, visto che il “Presidente” in questione non era quello della casa discografica, ma Sergio Mattarella. “Il Capo dello Stato s’è fatto una risata e quei trentacinque minuti passati assieme al Quirinale rimangono l’incontro più bello della mia vita. E sì che io di cose ne ho viste e di personaggi importanti ne ho conosciuti tanti”.

I primi tre che le vengono in mente?

“Mattarella a parte, il Dalai Lama e il leader palestinese Yasser Arafat”.

Ma il Colle è sempre il Colle...

“Assolutamente. Anche perché quello di un anno e mezzo fa col Capo dello Stato, per i 60 anni dei Nomadi, è stato un incontro privato e quindi un privilegio doppio. Ma ve l’immaginate? Io, suonatore di Novellara, seduto accanto a Mattarella? Roba da matti”.

Ce l’ha un’altra aspirazione?

“Mi piacerebbe tanto incontrare Papa Francesco; vuoi per il suo vissuto in Argentina, vuoi per la forza che mette nel suo mandato”.

A proposito di Argentina, frequenta ancora Buenos Aires?

“Sì, il mio ‘buen retiro’ alla Recoleta è sempre là. E, come posso, ci vado”.

Ha detto: “Mai avrei pensato di essere ancora qua, sul palco, a raccontare la storia dei Nomadi che poi è pure la mia storia”. E perché mai?

“Effettivamente, se Paul McCartney a 82 anni fa un altro un tour mondiale, io, coi miei 78, sono ancora un ragazzo. A parte gli scherzi, la fortuna vera è quella di poter essere ancora qui, in salute, a raccontare il mondo con le canzoni. Molte delle quali, purtroppo, ancora attuali”.

Ad esempio?

“Contro la guerra i Nomadi in repertorio ne hanno una sfilza, da ‘Contro’ a ‘Noi non ci saremo’ pubblicata nell’ottobre del ’66 per parlare dell’incubo nucleare. Non sembra passato un giorno. A essere sincero, non mi piace cantare ancora certe cose, ma devo perché la bestia umana, come la chiama Francesco Guccini in ‘Auschwitz’, è ancora tale”.

Cinquantotto anni dopo...

“Già. Nel ’66 per me e Augusto (Daolio, ndr) fu una scelta inconsapevole quella d’iniziare a cantare Guccini. Credemmo, però, subito in lui e nelle sue canzoni. Sì, è vero, la Caselli aveva inciso ‘Per fare un uomo’, ma senza dargli troppa importanza, e così l’Equipe 84, che relegò la stessa ‘Auschwitz’ nel retro del 45 giri di ‘Bang bang’, cover dell’omonimo successo di Cher e Sonny Bono. Con tutto il rispetto per le scelte di Maurizio Vandelli, quello di Francesco non era certo un pezzo da lato b”.

Stasera suonate a Bergamo, venerdì al Dal Verme di Milano e il primo marzo al Clerici di Brescia. Che posto occupa la Lombardia nella vostra geografia?

“Centrale. Non per niente questo tour invernale l’abbiamo portato al debutto a Mantova due settimane fa. Fra l’altro Novellara confina col Mantovano e una bella fetta del nostro seguito l’abbiamo proprio qua. Anche se viviamo un periodo molto felice in cui è difficile dire che in Lombardia funziona e altrove no; basti pensare che in estate, a Loreto, sotto al palco c’erano 12mila persone o che a cavallo di San Silvestro, in Sardegna, abbiamo ben tre concerti in agenda. Il segno di un amore incredibile per un gruppo che non è trasmesso dalle radio né inseguito dai telegiornali”.

Morandi i suoi 80 non ha voluto festeggiarli. E lei?

“Vedremo. Ho ancora due anni. L’importante è che quel giorno possa stare sul palco; cosa c’è, infatti, di più bello e speciale dell’applauso della gente? Anzi, a pensarci bene, vorrei andarmene proprio lì, suonando, come accaduto anni e anni fa al mio primo maestro di musica Odoardo Mozzarini… anche se, a essere sinceri, mica ho tanta fretta”.