ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Ultravox, quel sapore di musica anni ’80: a Milano torna Midge Ure

"Ai Magazzini Generali riviviamo quei tempi, con l’esperienza di oggi"

Midge Ure

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Milano - ​Nonostante la sua “Breathe” si sia rivelata da noi una mega hit, Midge Ure non è mai stato un assiduo frequentatore dei palcoscenici italiani. La sua ultima apparizione, Sanremo escluso, risale infatti a nove anni fa, quando con i ricostituiti Ultravox incrociò il palcoscenico dell’Alcatraz lungo la strada del Brilliant Tour. Ecco perché il concerto di giovedì prossimo ai Magazzini Generali rappresenta l’occasione per trovarsi davanti ad una delle icone della musica britannica anni Ottanta che torna col suo Voice and Visions Tour 2022/23 per festeggiare il quarantennale di “Quartet” e, con un anno di ritardo causa pandemia, quello di “Rage in Eden”. “Negli ultimi tempi sono venuto solo in vacanza”, scherza lui, 69 anni. Questo nuovo giro di concerti fa seguito alla tournée The 1980 Tour Vienna & Visage, con cui Ure e la sua Band Electronica hanno portato in giro per il mondo il capolavoro degli Ultravox “Vienna”. Ma tre momenti di quel disco tornano pure nel finale del nuovo spettacolo.

Com’è cambiata la musica di “Rage in Eden” e “Quartet” in quarant’anni?

"Sono una persona molto diversa da quella di allora, perché da ragazzi si guarda al mondo con occhi diversi. Ma è interessante tornare indietro e provare a rivivere quei tempi con l’esperienza di oggi. O, almeno, nel tour ‘Vienna/Visage’ è stato così. Questo giro di concerti avrebbe dovuto essere la prosecuzione di quell’esperimento, anche se non tre anni dopo come ci ha costretti a fare la pandemia".

In scaletta manca “Breathe”, che in Italia fu un grosso successo.

"Vero, nell’86 con quel pezzo ebbe da voi grande fortuna, ma poi… niente fino a quando sono tornato con gli Ultravox. Finora non ho messo ‘Breathe’ in repertorio, ma in questi concerti italiani penso proprio di doverla cantare. Sarebbe come non suonare ‘Vienna’ nel Regno Unito, la gente non mi perdonerebbe più".

Cosa ricorda dell’esperienza a Sanremo nel 2018 con i Decibel?

"Avevo sentito parlare del Festival, ma non sapevo esattamente cosa fosse. L’ho trovato un posto pazzesco, non mi sono mai trovato davanti così tanti giornalisti tutti assieme. Lavorare poi con la band è stato davvero bello. Mi hanno detto di essere stati influenzati tutti dai primi album degli Ultravox ed è stato fantastico condividere la stessa esperienza. Soprattutto su un palco come quello dell’Ariston, dove un gruppo comico può trovarsi a suonare dopo un rocker o un cantante classico. Un vero caos. Ma un gran bel caos".

È ancora il tempo di grandi progetti solidali come quel progetto Band Aid messo in piedi con Bob Geldof nel 1984 per sostenere la popolazione etiope affamata dalla siccità?

"Al mio cuore piace pensare che la canzone possa fare quello che ha fatto negli anni ‘80, ma la testa dice di no; perché la musica non è così importante per i giovani come lo era nel 1984-85, quando con Bob mandammo in radio ‘Do they know it’s Christmas?’ e organizzammo il Live Aid. Allora non c’erano cellulari, Internet o la vasta gamma di giochi elettronici con cui si svagano oggi i ragazzi. Al tempo c’era solo la musica, che, quindi, era molto, molto, potente, come dimostrano i risultati economico ottenuti da quell’operazione. Oggi la realtà è che nessuno compra più dischi. O quasi. Questo non significa che, 37 anni dopo, la musica non s’impegni più nelle cause umanitarie importanti, solo che persegue i suoi obiettivi con altri mezzi”.

Che progetti ha oltre a questo tour?

"Da cinque anni lavoro su un nuovo album che arriverà quando arriverà. Nel frattempo, ho appena finito un album di musica strumentale. Ho sempre composto pezzi strumentali e praticamente ogni mio album ne contiene uno. Il disco è molto diverso dagli altri, molto ambient, molto onirico, molto cinematografico. Un po’ la colonna sonora di un film ancora da girare. Ne sono molto contento".