ANTONIO CALABRO'
Cultura e Spettacoli

Intellettuali e potere. Relazioni pericolose

Vite da rileggere. Di grandi intellettuali, che hanno costruito, ognuno a suo modo, l’identità nazionale

Milano, 4 giugno 2017 - Vite da rileggere. Di grandi intellettuali, che hanno costruito, ognuno a suo modo, l’identità nazionale. E la cui lezione vale la pena rileggere, per il piacere della storia, ma anche per la carica d’attualità. Quella di Antonio Gramsci, innanzitutto, al centro di nuovi studi e originali ricerche nelle università inglesi e ad Harvard. Ne scrive Antonio A. Santucci, uno dei suoi più autorevoli studiosi, in “Antonio Gramsci. 1891-1937”, per Sellerio. Biografia accurata. E analisi di una delle opere che hanno segnato il Novecento europeo, i “Quaderni del carcere”, ancora oggi “un dialogo aperto” con le questioni fondamentali del rapporto tra cultura e politica, ricerca e libertà. L’importanza degli studi classici. La ricerca scientifica. Il senso di una cultura che sia nazionale e popolare. Il ruolo dei comunisti italiani, anche critico, verso la Rivoluzione sovietica e le degenerazioni staliniste. Il peso del fascismo. Le responsabilità degli intellettuali. E l’idea di “egemonia”. Un patrimonio culturale che segna il tempo e merita memoria.

Sono temi che ricorrono anche nelle pagine di “Intellettuali. Cultura e politica tra fascismo e antifascismo”, di Angelo Ventura per Donzelli, con prefazione di Emilio Gentile. Ci sono le riflessioni di Gaetano Salvemini, studioso liberale e le sue critiche contro “oligarchi e incompetenti”. Gli scritti di Silvio Trentin, sul rapporto tra anti-Europa e anti-democrazia e sui limiti degli interessi economici estranei agli ideali di libertà (d’attualità, date le grette discussioni su commerci e protezionismi). Le lettere tra Anna Kuliscioff e Filippo Turati, polemiche con chi “disprezza i valori etici e politici che costituiscono il patrimonio comune della civiltà europea”. Ma anche gli studi di Carlo Anti, archeologo, fascista ortodosso, rettore dell’università di Padova sino al 1943, sui luoghi in cui coltivare l’amore per la buona cultura. Intellettuali di cui serbare ricordo.

La stessa attenzione merita anche la ricostruzione della vita di personaggi controversi, come fa Simona Colarizi in “Luigi Barzini. Una storia italiana”, Marsilio. Gran giornalista, scoperto da Luigi Albertini, autorevole direttore del “Corriere della Sera” e ben guidato sino a diventare una delle “grandi firme” del quotidiano, inviato speciale sui principali eventi, dal raid automobilistico Pechino-Parigi del 1907 alle guerre in Libia e nei Balcani, dalla rivoluzione in Messico alla rivolta cinese dei “boxer”. Ma anche cinico uomo di mondo. Pronto ad aderire al fascismo, “prototipo del conformismo”, vanitoso, padre fragile. E sconvolto, mentre faceva da direttore dell’agenzia ufficiale del fascismo di Salò, la “Stefani”, dalla deportazione a Mauthausen e dalla morte del figlio Ettore, partigiano. Vita lustra, professionalmente gloriosa, infine drammatica. Un anti-eroe. Come tanti. Una dimensione intellettuale e umana con cui, comunque, fare i conti.