
Un'immagine tratta da “Il legionario“ di Hleb Papou
Lecco - Con un bel coraggio , chiarezza e senza mediazioni "Il legionario", in concorso a Locarno nella sezione Cineasti del Presente, ci mette al centro di una scelta drammatica: Daniel (Germano Gentile), l’unico poliziotto di origine africana del Reparto Mobile, deve sgomberare un palazzo occupato in cui vivono 150 famiglie. Una è la sua. Scritto, con Giuseppe Briganti ed Emanuele Mochi, e diretto dal bielorusso, 29 anni, cresciuto a Lecco, Hleb Papou, racconta "l’Italia multiculturale di oggi e la generazione dei nuovi italiani, figli di immigrati, ma nati e cresciuti in questo Paese".
Intanto, esistono celerini di colore in Italia?
"Ci sono alcuni italiani di colore in altri reparti. Per noi era importante questo spostamento. Ci permette di raccontare a fondo la dinamica di un dissidio: Daniel è italiano, ma appartiene a due famiglie, una la celere, con i suoi comandamenti e riti, l’altra quella vera, che non può rivelare. Nel palazzo vivono sua madre e suo fratello".
Come è nato il film?
"Dal cortometraggio dello stesso titolo, girato sempre in quel condominio. Il mio obiettivo è esplorare la questione attraverso una duplice chiave di lettura: due protagonisti, due fratelli totalmente diversi, entrambi italiani di seconda generazione di origine africana. Da un lato Daniel, un poliziotto, dall’altro suo fratello, un occupante che lotta per il diritto di avere un tetto sopra la testa. Avevo in testa un’immagine, già nel 2014: un poliziotto di pelle nera in uno dei reparti più duri della Polizia, un ragazzo che in uno Stato democratico rivendica il diritto di poter essere un celerino, contro tutti gli stereotipi. Spero abbiamo raggiunto il risultato di superare i luoghi comuni, a partire da quelli politici".
Come vi siete documentati?
"Abbiamo avvicinato le due realtà. Nel condominio c’è di tutto, ma molti hanno un lavoro, i bambini vanno a scuola. Negli anni è diventata una comunità stabile. Ci sono regolari e meno regolari. Quasi tutti sperano di trovare un lavoro che permetta di pagarsi un affitto decente. Ma c’è anche chi fa il furbo e specula. Non è facile la vita lì dentro. Io non ci vivrei mai".
E’ molto precisa l’ambientazione di polizia.
"Abbiamo fatto diversi colloqui col personale della celere, in particolare per alcune notti abbiamo ascoltato Gianluca detto Drago, a cui s’ispira il capo squadra del film, aggressivo e durissimo. Come il vero Drago, non fa mistero di essere un po’ fascista. Ma abbiamo capito una cosa: quando un celerino entra a far parte della squadra è un ‘fratello’, non conta se di destra, di sinistra, nero o giallo. Tutto si fonda su una fiducia senza deroghe. Drago dice: quando entri qui siamo tutti uniti, ‘fratelli di trincea’. Per Daniel è un problema in più".
Dalla Bielorussia, come è arrivato a Lecco?
"Sono nato a Minsk. Da quando avevo cinque anni ho fatto le vacanze in Italia. A undici anni mia madre ed io ci siamo trasferiti a Lecco. Poi il concorso per entrare al Centro Sperimentale a Roma.