DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Iaia Forte in "Hanno tutti ragione": Tony Pagoda romantica canaglia

Dirige e interpreta la trasposizione teatrale del romanzo di Sorrentino

Iaia Forte nei panni di Tony Pagoda

Milano, 15 febbraio 2017 - Mediterranea. Solare. Sexy. Tutto l’opposto di Tony Pagoda: scostante, bruttino, seduttore seriale, filosofo da strada e cantante di successo. Eppure è proprio Iaia Forte a interpretare (e dirigere) l’antieroe di “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino. Dal romanzo al teatro. Per la seconda volta. Titolo “Tony Pagoda – Ritorno in Italia”, da stasera al 20 febbraio al Teatro i. Sorta di capitolo ultimo e conclusivo. Ci si era infatti lasciati con il concerto a New York davanti a Sinatra. Ora si riparte da un triste palcoscenico ad Ascoli Piceno. Giusto un paio di passi prima della deriva. Professionale e umana.

Iaia, è proprio rimasta folgorata da “Hanno tutti ragione”. «Sì, soprattutto dal personaggio e dalla lingua di Sorrentino, per altro così teatrale. Poi ovviamente mi divertiva il gioco fra maschile e femminile».

Tony Pagoda è parecchio maschile... «Proprio questo mi diverte. E devo ammettere che mi ha sedotta con la sua complessità. È un tossico romantico, tutto infracidito, ci ho visto molti elementi del contemporaneo».

Dopo tante superproduzioni, le piace questo teatro in solitaria? «Mi piace alternare. Non a caso finito con Tony riprenderò la tournée del “Danton” di Martone, con 23 attori in scena. Ma mi è necessario ogni tanto dedicarmi a lavori più piccoli, dove sono io a decidere e scegliere, seguendo le mie necessità. Dove posso proporre la mia riflessione mettendomi in gioco non solo come attrice. Qualcosa avrò pure imparato dopo aver lavorato con tanti grandi registi».

Qual è stato il più importante? «Carlo Cecchi. Poi certo Servillo, Tiezzi, Ronconi, ma Cecchi mi ha lasciato un imprinting fondamentale. Gli sono riconoscente non solo come attrice. È un uomo che crede con ogni fibra del proprio corpo nel teatro dell’accadimento».

Cosa intende? «È il teatro dove succede qualcosa di più della semplice bella serata d’evasione, che non rimane indifferente, né agli artisti né agli spettatori. Non poco in un periodo in cui lo spettacolo viene considerato un prodotto di consumo».

Senta, ma il Tony ci farà la sua lezione di seduzione? «Certo! Che poi si può sintetizzare con: se non si è belli, per sedurre bisogna usare la parola. Concetto che si apre al meccanismo metateatrale e al paradosso. È molto divertente giocarci col pubblico».

Paolo Sorrentino cosa ne pensa? «Non ha mai fatto alcun problema per i diritti, ha visto il primo e gli è pure piaciuto. Lui è più fuori di me, mi ha detto: “Sei pazza ma fallo”».

Cosa ricorda dell’esperienza con “La grande bellezza”? «La prima volta che lessi la sceneggiatura pensai subito che fosse un capolavoro. Il film contiene esattamente l’immagine del contemporaneo, di questo Titanic su cui stiamo. Figurarsi se uno abita a Roma, come me. Girammo moltissimo di notte, nel caldo d’agosto, la città mezza vuota. Ricordi indelebili. E già allora avevo la sensazione di partecipare a qualcosa di grande, di non comune».