
Gaber, Jannacci, Fo
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MIlano - Miraggi. Quando un fotografo mette mano all’archivio ci sono scatti che gli materializzano davanti agli occhi viaggi e incontri rimasti magari impigliati in qualche angolo fuorimano di memoria. Da qui il titolo “Apparizioni” scelto da Guido Harari per la sua prima mostra milanese da otto anni a questa parte, ospitata da domani al 18 settembre alla Leica Galerie di via Mengoni. «Il curatore Denis Curti voleva un ‘greatest hits’ con 40 foto che negli anni mi hanno, uso una parolona, ‘definito’, ma ho cercato di metterci pure cose indite» spiega Harari. "Tutti gli scatti sono, diciamo così, ringiovaniti e rinfrescati. Quelli di Pina Bausch, Greta Thunberg, Madre Teresa di Calcutta, sono elaborati addirittura con stratificazioni di elementi". C’è molta Milano. "Sì, c’è una foto di Gaber, Jannacci e Fo che molti conoscono perché esposta da anni alla Stazione Centrale, ma che non era mai entrata prima in una mostra. E ci sono pure immagini di Carla Fracci, Miuccia Prada, Franca Rame, Alda Merini". Quale s’è rivelato il soggetto più complice? "Ognuno, a suo modo, lo è stato un po’. Alcuni come Lou Reed o Fabrizio De André sono diventati poi oggetto di frequentazione, di collaborazione, di amicizia. Ma la chiave iniziale è stata sempre quella del gioco". Ad esempio? «Tom Waits che strappa un fondale fotografico e se lo mette in spalla come un mantello, Lina Wertmüller che si fa ritrarre con humour dentro una vasca da bagno, Frank Zappa in smoking appoggiato al pianoforte in posa da compositore classico invece che da rockstar». Morricone c’è… ma non c’è. «Ho notato che, pur accettando di farsi fotografare, non gradiva poi troppo questa ‘intrusione’; così l’ho ritratto dietro una porta, semi visibile col corpo ma non col viso. È stato lui a suggerirmi questa chiave». Oggi chi le piace fotografare? «Diminuiti nel tempo i giornali in cerca di scatti insoliti, oggi più che nel mondo dell’arte è interessante andarsi a cercare soggetti diversi. Magari persone comuni con storie straordinarie come quelle sul fronte dell’ambiente, ad esempio». Fra i suoi ritratti ce n’è pure uno di Sebastião Salgado. La relazione tra fotografo e fotografo è la stessa che s’istaura con gli altri o no? «Anche se i linguaggi espressivi possono essere diversi, lavorare con uno che fa il mio stesso mestiere porta ad una certa empatia, perché entrambi capiamo cosa sta cercando l’altro. Con Salgado ho provato a cogliere lo sguardo; quello che c’è dietro certe sue famosissime foto. Un grande artigiano come Mario Giacomelli, invece, ho voluto invece ritrarlo in camera oscura, perché era quello l’ambiente in cui reali